È così che voglio ricordare quest’anno la poetessa Lorenza Franco, in occasione della data in cui festeggerebbe il suo compleanno, il 24 febbraio, con questa opera successiva a quella che la rese famosa per impegno e arditezza letteraria, cioè la traduzione e reinterpretazione dei notissimi SONETTI di William Shakespeare.
La vita dell’uomo è costellata di passioni, delusioni, gioie e dolori, ma è nella vita delle grandi menti che l’intensità della passione va di pari passo alla profondità del pensiero, anche quando si tratta di “amoretti”. Perché è nella semplice corrispondenza con la persona amata che possono nascere capolavori letterari, come avvenne con Edmund Spenser, il poeta inglese che meglio di tutti incarna, nella letteratura dell’epoca elisabettiana, il proposito di fondere le diverse componenti poetiche inglesi con quelle europee, allo scopo di elevare il linguaggio poetico inglese alla pienezza di un vero Rinascimento.
Lorenza Franco seppe cogliere questo anelito di rinnovamento che già allora si aveva nella poesia, cimentandosi nella traduzione e reinterpretazione degli AMORETTI, i sonetti amorosi di Edmund Spencer dedicati a Elizabeth Boyle, e aggiungendo le risposte della Boyle, alias Lorenza Franco, sotto forma di venti sonetti dedicati al poeta londinese.
Gli “AMORETTI. Sonetti amorosi tradotti e riscritti con le risposte di Elizabeth Boyle da Lorenza Franco” è un’opera edita nel 2003 edito da La Vita Felice, che fece parlare molto la critica. Del resto non poteva sfuggire alla curiosità letteraria Lorenza Franco, dopo il brillantissimo percorso universitario concluso con lode, il poeta inglese precursore di Shakespeare, attento studioso del Petrarca i cui echi classicisti venati di amorosi sensi per Laura ritroviamo nelle spensierate lodi poetiche per la “sua” Elizabeth.
Poeta lui, tra i più delicati e raffinati del cinquecento inglese, poetessa lei, ma anche traduttrice di poeti, dagli epigrammi di Pallada ai fascinosi versi di Costantin Kavafis. In questo libretto gli amoretti di Spencer, scritti nel 1595, ritrovano una autentica musicalità e una rilettura affascinante proprio per la ricca e forte vena poetica di Lorenza Franco.
Più che traduttrice dovremmo parlare di ri-scrittrice, più che di versione in italiano dovremmo parlare di rielaborazione in versi di quel pentametro giambico di Spenser sul quale la sensibilità moderna di Lorenza Franco innesta la freschezza e la scioltezza della reinvenzione metrica grazie all’endecasillabo.
Nei versi amorosi, gli amoretti appunto, per Elizabeth Boyle, eterno femminino e alter ego delle Laure e delle Beatrici in cui si dipinge un mondo dove tutto passa, tutto finisce, tutto è caduco… fuorché l’eterno, per come lo pensiamo, amore – e dove “evidentemente lo Spenser si prende la rivincita sulle sconfitte e sulle umiliazioni che la vita gli ha riservato”, come dice nell’introduzione Bruno Gallo – l’intervento di Lorenza Franco si libera dai condizionamenti dell’adesione supina all’originale ma ne resuscita e mantiene vivo lo spirito e la musicalità, come avviene per Shakesepare nei Sonetti.
È un duplice lavoro, una duplice fatica, perché rimare in italiano è cosa ben diversa dal rimare in inglese, per di più nell’inglese di Spenser, ma Lorenza Franco, avendo a disposizione quel felice, e inconfondibile ritmo serrato dell’epigrammista, riesce sempre a comporre i suoi endecasillabi secondo la linea poetica del rigore e del rispetto sia spenseriano che personale.
Ascoltiamola insieme leggendo i versi del settimo sonetto:
“Fayre
eyes,the myrrour of my mazed hart,
what
wondrous vertue is contaynd in you
the
which both lyfe and death forth from you dart
into
the object of your mighty view?
For when ye mildly looke with lovely hew,
then is my soule with life and love inspired:
but when ye lowre, or looke on me askew
then doe I die, as one with lightning fyred.
But since that lyfe is more then death desyred,
looke euer lovely, as becomes you best,
that your bright beams of my weak eies admyred,
may kindle living fire within my brest.
Such life should be the honor of your light,
such death the sad ensample of your might.”
quale virtù dentro di voi aleggia
e mi possiede col grande vigore,
che vita e morte intorno a sé
dardeggia?
Quando d’azzurro son da voi
cosparso,
d’amore e vita l’anima s’accende,
ma quando vi accigliate, vengo arso
da un fulmine che a un tratto mi
sorprende.
Ma, poi che Vita più che Morte attira,
guardami con l’amor che ti si addice,
sempre quel raggio che il mio occhio ammira
riaccende il fuoco che mi fa felice.
La vita mia fa onore alla tua luce,
la morte sol
pensieri tristi induce.”
Ma vediamo come risponde al sonetto 20 Elizabeth Boyle, nella fantasia di Lorenza Franco, a Spencer nel sonetto 20:
In ogni
donna, pur se navigata,
sempre
nascosta è una verginella
che si
schermisce, ed essere trattata
vorrebbe
come fosse una sorella.
Ma se
l’amore prende il sopravvento,
la libera di
ogni esitazione.
Per ogni fioritura
ci vuol tempo,
ma il frutto
arriverà a maturazione.
Non
contrastando, ma con l’abbandono
al ritmo
della vita si è felici,
del cosmo
attenti all’armonioso suono,
che
nell’anima affonda le radici.
Sol con la
legge eterna in sintonia
io sarò la
tua gioia e tu la mia.
Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide
http://www.divinidiversi.it/images/In_memoria_di_Lorenza_Franco_.pdf Ciao mamma, continuo ad abbeverarmi alle
fonti del tuo sapere grazie alle opere e agli scritti che ci hai lasciato.
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