10/29/2018

ARRICCHIMENTO O CONDIVISIONE?

Uno non esclude l’altro, anzi… possono essere perfettamente complementari. Ma quale arricchimento e quale condivisione oggi? Per rispondere teniamo “presente” queste mie riflessioni che nascono dal cuore, perché ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un DONO ed è per questo che si chiama PRESENTE.

Se tu hai sempre moltiplicato, cioè hai fatto di ogni incontro e di ogni uomo un’occasione per guadagnare, quando arrivi di fronte allo zero della morte, anche tu sarai ridotto a zero, perché, si sa, qualunque numero moltiplicato per zero dà zero.

Ma se tu hai sempre con-diviso, cioè hai fatto di ogni incontro e di ogni uomo un’occasione per crescere e per servire il bene – tuo e del prossimo – arrivando anche alla perdita sul piano immediato dell’avere, perché anche da qui parte la condivisione, quando arrivi di fronte allo zero della morte tu non sarai ridotto a zero ma sarai spinto all’infinito, perché, si sa, qualunque numero diviso zero dà infinito.

L’individuo è colui che non si divide, come dice il termine, ma può condividere. Ognuno di noi è unico come individuo ma può condividere le proprie uniche esperienze e il proprio unico sapere. Questa è l’essenza dell’ESSERE prima che dell’AVERE. Ed è questa condivisione che ci renderà veramente immortali proiettandoci nell’infinito.

Essere disponibile con gli altri, con il prossimo, per condividere il proprio e l’altrui SAPERE, per il bene di tutti. Questa è la filosofia e lo stile di Candìde.

Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide (Creatività, Condivisione, Conoscenza)




10/10/2018

Prima di parlare di accoglienza… guardiamoci dentro.

Il vero cancro anaffettivo dell’indifferenza si vive all’interno dei propri confini. Non di meno vanno difesi, perché la nostra storia, il nostro patrimonio artistico, le nostre conquiste di diritto e democrazia, ci consentono ancora di dire al mondo che siamo orgogliosi di essere italiani. 

Occupandomi anche di diritto di famiglia a volte mi capitano, nella difesa di assistiti in separazione personale, casi che sono vere tragedie a livello umano e sentimentale. Con un certo sgomento scrivo queste riflessioni mentre sento i telegiornali parlare dell’altra tragedia umana e nazionale dell’immigrazione di massa.

La prima tragedia, quella intima e familiare è il risultato di una società consumistica e idolatra del denaro che relega i sentimenti umani a un livello talmente basso che annulla ogni sentimento di vera amicizia ma addirittura anche ogni responsabilità verso il compagno o la compagna di vita rendendo facile la distruzione di una famiglia per nulla anche quando ci sono di mezzo figli minori.

La seconda tragedia, quella pubblica e statale, è il risultato di un malgoverno della cosa pubblica, quando non addidittura di un business, ma ripete, a livello di cittadinanza e dei membri della società civile, uno stesso sentimento di ignavia e mancanza di quella responsabilità verso la propria nazione che di chiama “amor patrio”.

 Credo che ciò che consente questo cancro anaffettivo dell’indifferenza di attecchire e propagarsi è la mancanza di istruzione e di una sana cultura e di amore per il sapere (l’analfabetismo di ritorno degli italiani che non leggono grazie ai ‘mezzi di distrazione di massa’, in primis la televisione, da me sempre denunciato), ad iniziare dallo studio dei classici e dei filosofi greci e presocratici, i quali ci insegnano le basi etiche della convivenza e del vivere civile (istanze etiche poi copiate dalla religione a suo uso e consumo in modo ipocrita, “beati gli umili”, solo per soggiogare e ingannare le masse in favore di chi è al potere).

L’anestetizzazione dell’amor familiare e dell’amor patrio, ma anche del sano altruismo per il prossimo, spesso entrambi compensati dal finto altruismo verso il remoto è ormai un punto nevralgico dell’attuale società, dove imperversa l’indifferenza che nasce dalla delusione e dal ripiegamento in se stessi, per la paura di dovere ulteriormente soffrire mettendosi in gioco e agendo responsabilmente verso l’altro, verso il prossimo.

Però, in quanto esseri umani, non possiamo rinunciare alla nostra componente emotiva che deve trovare un qualche modo per essere soddisfatta, anche con alibi di comodo. Da qui i meccanismi di compensazione ipocrita che si manifestano o come morboso attaccamento agli animali ("che, comunque, non ci deludono come gli uomini") o nei confronti di chi non rischia di coinvolgerci più di tanto emotivamente perché non lo conosciamo di persona, perché abita dall'altra parte del mondo (‘amore’ per il remoto).

Trattasi di reale cinismo che, per essere socialmente e "moralmente" giustificato e accettato, si camuffa da umanitarismo, da astratta difesa dei diritti dell'uomo e simili, senza minimamente preoccuparsi e prendersi cura, prima di ogni altro, del prossimo, magari a cominciare dal proprio familiare o compagno/a di vita.

Tra le fila di costoro militano schiere di persone che si riempiono la bocca di parole come "morale", "etica", "amore", "carità", "cristianesimo", "uguaglianza", “democrazia”: costoro sono pronti a puntare il dito o ad usare la spada di fuoco contro chiunque abbia il coraggio di denunciarne l'ipocrisia e l'incoerenza. L'esempio più plateale e ora di grande attualità sono i paladini dei diritti degli immigrati. Mentre sono del tutto indifferenti delle sorti degli italiani indigenti, si prodigano a dare continuità al precedente governo, pur in presenza di questo nuovo finalmente votato dai cittadini, inveendo contro chi ora ostacola il turpe traffico di esseri umani e delle correlate sciagure, accusando il neoministro agli Interni Salvini con vignette bestiali o articoli demenziali.

Il tutto, naturalmente, scagliandosi con inaudita violenza contro chi denuncia l’incoerenza dei loro proclami “umanitari”, perché in fondo, i connazionali e, soprattutto, i loro avversari ideologici, non rientrano nella categoria di soggetti a cui vanno garantiti i diritti fondamentali dell'uomo.

Ecco spiegato così in chiave psicoanalitica il grave probelma della politica dell’accoglienza assecondata dagli intellettuali di sinistra che invocano le istanze “umanitarie” ad ogni costo: per farsi dare retta il trucco è semplice, si tratta di usare l’alibi dell’amore per il remoto per nascondere il loro disimpegno civile, la mancanza di amor patrio e di amore per il prossimo.

Della loro aridità intellettuale e mancanza di senso civico ci siamo resi conto da tempo. Vorrei solo sottolineare e denunciare con questa nota la loro mancanza di senso di appartenenza. Noi che invece siamo orgogliosi della nostra nazione e di essere italiani vogliamo difendere, prima di tutto, i patri confini per non farci invadere, soprattutto se gli invasori ci portano indietro, con la loro religione e ideologia antiumanitaria, di mille anni.

Già Platone in La Repubblica, libro VIII si espresse sulla necessaria difesa dei diritti civili conquistati a fatica tramite la difesa dei patri confini. Non devono avere confini, invece, il libero pensiero e le idee, alla base di ogni progresso scientifico e civile, che devono pervadere il mondo.
  
Milano, 10 ottobre 2018                                        Avv. Giovanni Bonomo