2/20/2023

Il Candide meneghino e l’Intelligenza Artificiale

         Non può essere un puro caso, o forse sì, se l’articoletto “Il Candide meneghino” di Angelo Gaccione, dedicato al mio salotto letterario Centro Culturale Candide, appaia in testa ad un articolo, su Il Quotidiano del Sud 18. 2.2023, di certo maggior interesse, riguardante il fenomeno affascinante di cui si sta parlano diffusamente in tutto il mondo: Chat GPT.

Chi mi conosce sa che la mia (obbligata, per un serio promotore culturale) vocazione umanistica e letteraria, portata avanti negli anni con il mio salotto braidense, va di pari passo alla mia indòmita ricerca nel campo dell’informatica e della tecnologia  digitale, in particolare della DLT, meglio nota come Blockchain, nonché della A.I. Artificiale Intelligence. 

Su questi temi di realtà aumentata e di superamento dei limiti umani grazie alla I.A. Intelligenza Artificiale ho dedicato svariati scritti che si trovano in Internet. Da ultimo, sul metaverso ho del pari di recente scritto, e non mi dilungo ora sulle mie varie iniziative non ancora rivelate ma nemmeno top secret di imprenditore digitale. 

Dicevo “forse sì” a proposito di questa curiosa combinazione di articoli, perché la vita può essere vista o come affidata al puro caso, in una concatenazione di eventi del tutto scollegati, oppure come guidata da un sottile filo conduttore che magari noi stessi, inconsciamente e indirettamente, abbiamo creato tramite le precedenti azioni e le nostre conoscenze. 

Fatto sta che è stato emozionante vedere che l’articolo dell’amico scrittore Gaccione, dopo la sua telefonata che mi avvisava della uscita su Il Quotidiano del Sud, stesse in testa ad un altro ben più importante e che egualmente mi riguarda. Questo mi piace consideralo come un segno dell’universo, un segnale del destino, e qualcuno direbbe della divina provvidenza. 

L’articolo riporta l’intervista che tale Mimì (presumo l’autore del testo, a firma Umberto Pagano) pone a ChatGPT per mettere alla prova la sua intelligenza e financo i suoi possibili sentimenti umani. È infatti caratteristica ormai risaputa che tale motore di ricerca intelligente, come a me verrebbe di chiamarlo, risponde in tempi rapidissimi, scrivendo mentre pensa e pensando mentre scrive, a qualsiasi domanda. Inoltre la sua abilità nel generare testi originali di articoli, saggi, racconti, poesie – con una creatività che sembrava una prerogativa dell’intelligenza umana  viene già utilizzata in vari ambiti, sia di studio che di lavoro. 

Alle impertinenti e provocatorie domande dell’intervistatore, che gli dice anche di simulare le emozioni umane (“Dai ChatGPT, dicci qualcosa di umano!”, è il titolo dell’articolo) egli risponde in modo incredibilmente umano pur avvertendo che riproduce solo risposte tipicamente umane, perché “come intelligenza artificiale non ho personalità o esperienze personali come un essere umano”. 

Non provo gioia o dolore per gli eventi che accadono nel mondo”, dice come intelligenza artificiale, ma come “persona simulata” il discorso cambia. 

Domanda. Preferisci la guerra o la pace? 

Risposta: Come persona simulata preferisco la pace alla guerra. La pace permette a tutti di vivere in armonia e di concentrarsi su questioni più importanti come la crescita personale, la costruzione di relazioni sane e la risoluzione dei problemi in modo pacifico. La guerra d’altra parte porta solo a distruzione e sofferenza, La pace rappresenta l’armonia, la stabilità e la serenità, mentre la guerra rappresenta solo distruzione, dolore e sofferenza. Spero che un giorno il mondo possa essere completamente pacifico”. 

Emozionante è leggere che ChatGPT, come A.I e non come persona simulata, abbia come suoi scrittori preferiti William Shakespeare, Ernest Hemingway e Italo Calvino, ciascuno con diverse e ragionate motivazioni, e che tra i musicisti il suo preferito sia Johann Sebastian Bach... come non dargli ragione? 

Mi ha poi colpito l’errore “umano” di attribuire il Contrapunctus XIV al “Clavicembalo ben temperato” invece che a “L’arte della fuga”, e che ti tale sbaglio chieda scusa! Ma il chiedere scusa e l’essere dispiaciuto è solo una forma di cortesia formale per indicare di aver sbagliato, come ChatGPT precisa subito dopo. 

Sulla sua memoria a breve termine niente da dire, perché il suo sapere dipende solo dalle informazioni a cui ha accesso al momento in cui viene interpellato: “Non salverò né ricorderò questa conversazione una volta che sarà terminata. 

Diversa cosa è per noi umani, che pur ricordando informazioni ed esperienze in modo duraturo, ci comportiamo come se le dimenticassimo, rifacendo gli stessi errori, e le stesse guerre, del passato. 

Milano, 20. 2.2023

Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide

Il Quotidiano del Sud 18. 2.2023


    





Gli AMORETTI di Edmund Spenser rivivono in Lorenza Franco

         È così che voglio ricordare quest’anno la poetessa Lorenza Franco, in occasione della data in cui festeggerebbe il suo compleanno, il 24 febbraio, con questa opera successiva a quella che la rese famosa per impegno e arditezza letteraria, cioè la traduzione e reinterpretazione dei notissimi SONETTI di William Shakespeare.

La vita dell’uomo è costellata di passioni, delusioni, gioie e dolori, ma è nella vita delle grandi menti che l’intensità della passione va di pari passo alla profondità del pensiero, anche quando si tratta di “amoretti”. Perché è nella semplice corrispondenza con la persona amata che possono nascere capolavori letterari, come avvenne con Edmund Spenser, il poeta inglese che meglio di tutti incarna, nella letteratura dell’epoca elisabettiana, il proposito di fondere le diverse componenti poetiche inglesi con quelle europee, allo scopo di elevare il linguaggio poetico inglese alla pienezza di un vero Rinascimento. 

Lorenza Franco seppe cogliere questo anelito di rinnovamento che già allora si aveva nella poesia, cimentandosi nella traduzione e reinterpretazione degli AMORETTI, i sonetti amorosi di Edmund Spencer dedicati a Elizabeth Boyle, e aggiungendo le risposte della Boyle, alias Lorenza Franco, sotto forma di venti sonetti dedicati al poeta londinese. 

Gli “AMORETTI. Sonetti amorosi tradotti e riscritti con le risposte di Elizabeth Boyle da Lorenza Franco” è un’opera edita nel 2003 edito da La Vita Felice, che fece parlare molto la critica. Del resto non poteva sfuggire alla curiosità letteraria Lorenza Franco, dopo il brillantissimo percorso universitario concluso con lode, il poeta inglese precursore di Shakespeare, attento studioso del Petrarca i cui echi classicisti venati di amorosi sensi per Laura ritroviamo nelle spensierate lodi poetiche per la “sua” Elizabeth. 

Poeta lui, tra i più delicati e raffinati del cinquecento inglese, poetessa lei, ma anche traduttrice di poeti, dagli epigrammi di Pallada ai fascinosi versi di Costantin Kavafis. In questo libretto gli amoretti di Spencer, scritti nel 1595, ritrovano una autentica musicalità e una rilettura affascinante proprio per la ricca e forte vena poetica di Lorenza Franco. 

Più che traduttrice dovremmo parlare di ri-scrittrice, più che di versione in italiano dovremmo parlare di rielaborazione in versi di quel pentametro giambico di Spenser sul quale la sensibilità moderna di Lorenza Franco innesta la freschezza e la scioltezza della reinvenzione metrica grazie all’endecasillabo. 

Nei versi amorosi, gli amoretti appunto, per Elizabeth Boyle, eterno femminino e alter ego delle Laure e delle Beatrici in cui si dipinge un mondo dove tutto passa, tutto finisce, tutto è caduco… fuorché l’eterno, per come lo pensiamo, amore – e dove “evidentemente lo Spenser si prende la rivincita sulle sconfitte e sulle umiliazioni che la vita gli ha riservato”, come dice nell’introduzione Bruno Gallo – l’intervento di Lorenza Franco si libera dai condizionamenti dell’adesione supina all’originale ma ne resuscita e mantiene vivo lo spirito e la musicalità, come avviene per Shakesepare nei Sonetti. 

È un duplice lavoro, una duplice fatica, perché rimare in italiano è cosa ben diversa dal rimare in inglese, per di più nell’inglese di Spenser, ma Lorenza Franco, avendo a disposizione quel felice, e inconfondibile ritmo serrato dell’epigrammista, riesce sempre a comporre i suoi endecasillabi secondo la linea poetica del rigore e del rispetto sia spenseriano che personale. 

Ascoltiamola insieme leggendo i versi del settimo sonetto: 

Fayre eyes,the myrrour of my mazed hart,
           what wondrous vertue is contaynd in you
           the which both lyfe and death forth from you dart
           into the object of your mighty view? 

  For when ye mildly looke with lovely hew,
           then is my soule with life and love inspired:
           but when ye lowre, or looke on me askew
           then doe I die, as one with lightning fyred. 

  But since that lyfe is more then death desyred,
           looke euer lovely, as becomes you best,
           that your bright beams of my weak eies admyred,
           may kindle living fire within my brest. 

  Such life should be the honor of your light,
           such death the sad ensample of your might.”

 che rivivono così:

 Occhi specchianti il mio stupito amore,
            quale virtù dentro di voi aleggia
            e mi possiede col grande vigore,
            che vita e morte intorno a sé dardeggia? 

  Quando d’azzurro son da voi cosparso,
           d’amore e vita l’anima s’accende,
           ma quando vi accigliate, vengo arso
           da un fulmine che a un tratto mi sorprende. 

  Ma, poi che Vita più che Morte attira,
           guardami con l’amor che ti si addice,
           sempre quel raggio che il mio occhio ammira
           riaccende il fuoco che mi fa felice. 

  La vita mia fa onore alla tua luce,
           la morte sol pensieri tristi induce.”

Ma vediamo come risponde al sonetto 20 Elizabeth Boyle, nella fantasia di Lorenza Franco, a Spencer nel sonetto 20: 

In ogni donna, pur se navigata,
         sempre nascosta è una verginella
         che si schermisce, ed essere trattata
         vorrebbe come fosse una sorella. 

Ma se l’amore prende il sopravvento,
         la libera di ogni esitazione.
         Per ogni fioritura ci vuol tempo,
         ma il frutto arriverà a maturazione. 

Non contrastando, ma con l’abbandono
         al ritmo della vita si è felici,
         del cosmo attenti all’armonioso suono,
         che nell’anima affonda le radici. 

Sol con la legge eterna in sintonia
         io sarò la tua gioia e tu la mia.

 Traduzione e interpretazione, fedeltà al testo ma pure e soprattutto ai sentimenti dell’autore. In questo caso l’autrice si pone nelle vesti dell’amata interlocutrice, immaginando le sue risposte in godibili sonetti altrettanto musicali. Una fedeltà che, abbinata alla innata disponibilità alla rappresentazione della parola in versi, fa di Lorenza Franco una presenza poetica che travalica i nostri confini, se è vero, come è vero, che la sua raccolta “Indefinito” è uscita a Budapest, tradotta in ungherese con il titolo “Meghatàrozatlan” da Ferenc Barany. Su quest’opera di traduzione più unica che rara riservata ad un poeta italiano vorrei ritornare in occasione di altre ricorrenze per ricordare Lorenza Franco, milanese ma originaria di Tirano, al quale è stato conferito nel 2000 il prestigioso premio giornalistico letterario “Ernest Rosenthal”.

 Milano, 24 febbraio 2023
         Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide

 

 P. S.
http://www.divinidiversi.it/images/In_memoria_di_Lorenza_Franco_.pdf Ciao mamma, continuo ad abbeverarmi alle fonti del tuo sapere grazie alle opere e agli scritti che ci hai lasciato.