11/26/2019

Organizzazione e futuro dello studio legale


Il seminario di Euroconference sul futuro dello studio legale, avvenuto a Milano in data 25 novembre 2019 presso l’Hotel Michelangelo, è stato illuminante sia per la comprensione della rivoluzione in atto nel mercato professionale sia per la rinnovata consapevolezza di quanto contino ora le nostre capacità personali di flessibilità e adattamento, organizzative e di pianificazione.


Tale seminario è stato condotto magistralmente dal formatore professionista e business coach - esperto di problem solving di comprovata esperienza anche in ambito di organizzazione dello studio legale - Mario Alberto Catarozzo.

Essere oggi aperti a contesti lavorativi mutevoli, alle novità del mondo digitale sempre in evoluzione, ed essere disponibili a collaborare con chi ha punti di vista diversi, diventa una necessità nel nuovo scenario multimediale dominato dalla tecnologia 5G e dall’Intelligenza Artificiale: tutto sta cambiamo, dal modo di organizzare lavoro e produzione, alla logistica, alle relazioni interpersonali, ai tempi di risposta. Il Web 4.0 e la Blockchain, che interessano tutti i settori dell’economia, saranno i grandi protagonisti di questo futuro anche nelle professioni legali.

Vari sono stati gli argomenti affrontati, anche non specifici dello studio legale, perché ogni miglioramento riguarda noi stessi (self-improvement) come persone positive e efficienti prima ancora che come professionisti:
· serve una nuova mentalità
· essere manager di sé stessi
· la gestione organizzata dei collaboratori
· la gestione organizzata delle attività
· più tempo libero e meno stress
· 5G, software e cloud al servizio della professione

Il tutto illustrato da significative slides visibili a questo link.

Ho detto illuminante, anche per me, perché mi piace sempre stupirmi pure delle cose che avevo già previsto con largo anticipo: sono già dieci anni che parlo e scrivo in convegni e su varie riviste dell’Intelligenza Artificiale, di Internet of Everything, dell’esito ineluttabile dell’Internet of Thing, grazie alla nuova tecnologia 5G e all’interazione con la Blockchain.

Ora il professionista di oggi deve - e può permettersi di - essere sia un tecnico, sia un manager, sia un imprenditore, al fine di operare anche in mobilità (smart working) nelle 4 aree fondamentali per il business development: - public relations, - marketing, - autorale, - public speaking.

Campeggia sempre, nella prima pagina del mio sito professionale, la frase sul collegamento tra studi professionali quale a conseguenza dell'ampiezza dello scibile giuridico e delle inevitabili specializzazioni. E tale modalità operativa diventa ora da funzionale necessariamente strutturale: sia il modello atomistico, eminentemente rappresentato dall’esimio genitore (www.aldobonomo.it), che quello dello studio professionale associato, in cui i singoli collaboratori non vengono valorizzati unicità come professionisti, non sono più vincenti.

Invero, il futuro è in network, come si legge in una slide, perché il collegamento comporta un risparmio di risorse, una condivisione del sapere, un’ottimizzazione dei ricavi, una migliore specializzazione e una maggiore competitività.

Questo modello di network professionale, che avevo anticipato in teoria, ha già avuto un’anticipazione nella pratica grazie all’intelligenza imprenditoriale dell’avv. Cristiano Cominotto, fondatore di A.L. Assistenza Legale. Al XVII Convegno Nazionale di A.L. avvenuto a Milano il 16 novembre 2019, si è fatto un bilancio e si sono tracciati i solchi dello studio legale del futuro.

Vorrei, con queste brevi riflessioni, non riassumere il convegno bensì stimolare a guardare in avanti con ottimismo. A tale proposito richiamo la frase di Montaigne, citata da Catarozzo, a significare la dimensione in cui spesso ci rifuggiamo per non cambiare mentalità: “La mia vita è stata piena di terribili disgrazie, la maggior parte delle quali non si è mai verificata”.

L’immaginazione e l’ansia sono due importanti risorse in noi che, se lasciate alla guida della nostra vita senza controllo, possono giocarci brutti scherzi e portarci anche alla rovina.

Voglio dire che pensare e immaginare il peggio sarà pure un istinto naturale, a volte utile e adattativo, preparandoci a ipotesi di accadimenti infausti, ma quando il modo di pensare negativo diventa parte del nostro cervello, diventandone il padrone, allora dobbiamo fermarci e riflettere. Le cose potrebbero andare sia bene, che male, non possono andare sempre e solo male, lo stesso buon senso ce lo dice, e ce lo conferma la statistica.

Se il nostro cervello riesce a rimandarci sempre e solo previsioni negative e immagini di sciagure, arriviamo poi all’assurdo in cui siamo infelici anche quando avremmo tutte le condizioni per essere felici, perché non osserviamo la realtà ma viviamo in una nostra matrix creata dalle nostre paure.

La migliore strategia di organizzazione di uno studio legale inizia da noi stessi, cambiando il modo di pensare, condividendo i valori della nostra professione, che resta eminentemente intellettuale, e aprendoci alla mutazione digitale che tali valori accentua in una prospettiva di condivisione.

Avv. Giovanni Bonomo – Diritto 24


9/15/2019

La Direttiva Copyright 2019 e le libere utilizzazioni


Il sistema delle eccezioni e limitazioni alla tutela autorale introdotto dalla nuova Direttiva su copyright nel testo adeguato all’ambiente digitale e finalmente approvato: agli Stati membri ora la palla.

Ed eccoci arrivati a settembre, mese al quale veniva rinviata la “Direttiva Copyright” nel dichiarato intento, parole del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, di proteggere l’interesse di tutti i cittadini a fronte dei malumori, dei dissidi e delle divisioni che, anche fuori dalla sede parlamentare, la discussione sulla nuova normativa aveva provocato.

In linea di continuità con le logiche di armonizzazione della Direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione ora è legge la Direttiva UE 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, dopo un tortuoso percorso di ripensamenti e compromessi per adeguare il copyright e il nostro “diritto d’autore” all’ecosistema digitale e fronteggiare le sfide delle nuove tecnologie.

La lunga gestazione è dovuta alle critiche da parte sia dei soggetti interessati su fronti opposti, gli editori online, gli aggregatori di notizie e i motori di ricerca, sia della dottrina. Critiche che abbiamo anche noi condiviso in https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/2018-07-11/la-direttiva-diritto-d-autore-rinviata-settembre-094912.php e, ancor prima, in
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/2017-12-15/un-diritto-connesso-editori-contenuti-proposta-estendere-diritto-d-autore-snippet-161747.php nella difesa di una visione di Internet quale terreno sempre fertile di libertà di espressione e di condivisione del pensiero piuttosto che di un “mercato” dei diritti.

Ora, nei ben 86 Considerando che precedono il corpo normativo della Direttiva, composta da 32 articoli, vengono richiamati più volte gli obbiettivi di rafforzare l’effettività dei diritti e di promuovere un più corretto bilanciamento tra l’interesse degli autori e degli editori e quello pubblico di salvaguardia della “stampa libera e pluralista” a garanzia de un “giornalismo di qualità” e di un “accesso dei cittadini all’informazione”.

Tale Direttiva, entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione (17. 5.2019) nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea (art. 31), si applicherà a tutte le opere e ad altri materiali protetti dai diritti nazionali nel settore del diritto d’autore alla data del 7 giugno 2021 con salvezza degli atti conclusi e dei diritti già acquisiti (art. 26).

Non poteva mancare il puntuale convegno AIDA che il prof. Carlo Luigi Ubertazzi dedica al diritto d’autore, avvenuto presso l’aula Magna del Palazzo di Giustizia milanese in data 13 settembre 2019 (http://news.unipv.it/?p=41106 XXXIV convegno di AIDA su La direttiva digital copyright”, qui la locandina), che mi dà lo spunto per le seguenti note.

Il dibattito dottrinario in tale congegno è stato ancora animato e ha visto la trattazione in particolare, come si può leggere nei titoli delle relazioni,
- del nuovo diritto in favore degli editori online di opere giornalistiche ai fini di assicurare quella invocata sostenibilità in chiave di compartecipazione alle nuove forme di sfruttamento promosse  degli aggregatori di notizie;
 - della responsabilizzazione degli ISP Internet Service Provider e delle piattaforme di condivisione qualora svolgano un ruolo attivo nella diffusione anche tramite l’ottimizzazione della presentazione di materiali;
- del sistema delle eccezioni e limitazioni alla tutela autorale e delle libere utilizzazioni.

Mi soffermerò su tale ultimo aspetto, che è la più forte espressione di rottura del tradizionale diritto d’autore in una società dell’informazione stimolata dalla “distruzione creativa” di Internet con il fenomeno degli Users Generated Content e dalla condivisione della conoscenza.

E’ un tema a me caro fin dai miei primi scritti https://www.dirittodautore.it/dante/lassenza-del-fine-commerciale-nelle-utilizzazioni-libere-ex-art-70-l-d-a-giovanni-bonomo e, su questa rivista, http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2017-05-22/prelevare-immagini-internet-corredare-articoli-o-post-attenti-diritti-d-autore-quali-sono-vere-utilizzazioni-libere-144355.php?)  essendo il sottoscritto tanto fautore della partecipazione sociale  e della condivisione del sapere come blogger e promotore culturale, quanto strenuo difensore, come avvocato, dei diritti d’autore dei miei assistiti.

Una prima novità è la previsione della obbligatorietà delle eccezioni e limitazioni, previste agli art. 3 – 6, a fronte della facoltatività delle deroghe limitate e specifiche previste dalla Direttiva 2001/29/CE, vale a dire prima rimesse discrezionalmente alla volontà degli Stati membri.

Gli organismi di ricerca e gli altri istituti di tutela del patrimonio culturale potranno estrarre i testi e i dati da qualunque opera a scopi di ricerca scientifica. Le relative copie potranno essere memorizzate e conservate per la verifica dei risultati di ricerca. E’ loro diritto applicare misure atte a garantire la sicurezza e l’integrità delle reti e delle banche dati in cui sono ospitate le opere e gli altrui materiali (art. 3 “Estrazioni di testo e di dati per scopi di ricerca scientifica”).

Dovrà essere introdotta un’eccezione per le riproduzioni e le estrazioni di testo e di dati da opere o altri materiali di cui si abbia il legittimo accesso, a meno che l’utilizzo di tali opere o materiali sia stato espressamente riservato dai titolari dei diritti “in modo appropriato”, ad esempio tramite strumenti che consentano una lettura automatizzata in caso di contenuti resi pubblicamente disponibili online (art. 4 “Eccezioni o limitazioni ai fini dell’estrazione di testo e di dati”).

Gli Stati membri dovranno poi consentire l’utilizzo digitale di opere e di altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, purché tale utilizzo:
a) avvenga sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali o in altro luogo o tramite un ambiente elettronico sicuro accessibile solo agli alunni o studenti e al personale docente di tale istituto; e
b) sia accompagnato dall’indicazione della fonte, compreso il nome dell’autore, tranne quando ciò risulti impossibile.

Tale eccezione di libera utilizzazione potrebbe non estendersi a determinati utilizzi o tipi di opere o altro materiale, tra cui il materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione o gli spartiti musicali, ove siano facilmente reperibili sul mercato licenze che rispondano alle necessità e specificità degli istituti di istruzione.

Viene infine introdotto un meccanismo facoltativo di riconoscimento di un equo compenso per i titolari dei diritti, che nel nostro diritto interno potrà cumularsi con il meccanismo indennitario del “diritto di copia privata” già esistente sui dispositivi di riproduzione acquisti dalle scuole per le suddette finalità (art. Art. 5 “Utilizzo di opere e altri materiali in attività didattiche digitali e transfrontaliere”).

Giova osservare che in più di un Considerando la Direttiva sottolinea come l’estrazione di testo e di dati (“Text and data mining”) consente l’elaborazione di innumerevoli informazioni ai fini sia dell’acquisizione di nuove conoscenze sia della rilevazione di nuove tendenze, aspetti che sono entrambi alla base della libera ricerca e dell’innovazione. In linea di principio, quindi, il Text and data mining non dovrebbe né potrebbe considerarsi una forma di sfruttamento di diritti di autore o di altri diritti di privativa intellettuale o industriale.

Tuttavia, al Considerando 8 si trova la seguente precisazione: “In alcuni casi, l’estrazione di testo e di dati può riguardare atti protetti dal diritto d’autore dal diritto sui generis sulle banche dati, o entrambi, in particolare la riproduzione di opere o altro materiale, l’estrazione di contenuti da una banca dati o entrambi, come avviene ad esempio quando i dati vengono normalizzati nel processo di estrazione di testo e di dati. Se non sussistono eccezioni né limitazioni è richiesta un’apposita autorizzazione ai titolari dei diritti”. 

Sempre con riferimento alle libere utilizzazioni troviamo, all’art. 17 dedicato alle previsioni di responsabilità delle piattaforme di condivisione di contenuti caricati dagli utenti, il comma 7, norma che accorda il diritto (a fronte della facoltà prima lasciata agli Stati membri dalla Direttiva 2001/29/CE di prevederlo o meno e per le sole finalità parodistiche o caricaturali) a coloro che mettano a disposizione del pubblico contenuti online, di avvalersi delle eccezioni di
a) citazione, critica, rassegna;
b) caricatura, parodia pastiche.

Non essendo facile il percorso di recepimento della nuova normativa da parte degli Stati membri, ricordiamo che nell’ordinamento comunitario ci sono due strumenti atti a evitare recepimenti inadeguati o incoerenti. Il primo è il three step test, atto a orientare gli Stati membri nel percorso di recepimento: nella materia in questione ogni nuova eccezione deve 1. giustificarsi per finalità specifiche senza 2. mai contrastare con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali protetti né 3. arrecare ingiustificato pregiudizio agli interessi del legittimo titolare. Vale insomma il criterio di promuovere un giusto equilibrio tra gli interessi degli autori e degli altri titolari dei diritti, da un lato, e degli utenti della Rete dall’altro, ogni volta che si riduca l’area di esclusiva assegnata ai primi.

L’altro strumento è quello del “diritto acquisito comunitario”, che è l'insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli Stati membri dell'Unione europea e che devono essere accolti senza riserve dai Paesi che vogliano farne parte. Si tratta di una clausola inclusa in molti trattati internazionali sulla proprietà intellettuale e la cui origine risale alla revisione nel 1967 della Convenzione di Berna: gli Stati firmatari si impegnano ad uniformare eventuali limitazioni ed eccezioni al diritto d’autore nelle rispettive leggi nazionali. In proposito la Corte di Giustizia UE ha sempre richiamato in varie sentenze il principio secondo cui le norme in materia di libere utilizzazioni hanno carattere eccezionale e, in quanto tali, devono costituire oggetto di stretta interpretazione.

Vedremo come l’Italia, che è stata tra i Paesi membri non firmatari perché contrari alla Direttiva insieme a Svezia, Finlandia, Polonia, Olanda, Lussemburgo, applicherà tali nuove disposizioni divenute cogenti per tutti gli Stati membri dell’Unione.

Da oggi al 2021 verranno adottate molte misure tecnologiche ai fini dell’adeguamento, la cui congruità sarà valutata nei casi concreti e nel “diritto vivente” delle Corti. Nel frattempo, come dispone l’art. 25, gli Stati membri possono adottare o mantenere in vigore disposizioni più ampie, compatibili con le eccezioni e limitazioni di cui alla Direttiva 96/9 sulla tutela giuridica delle banche di dati e alla precedente Direttiva 2001/29 per gli utilizzi o gli ambiti oggetto delle nuove eccezioni o limitazioni.

Avv. Giovanni Bonomo – Diritto 24  



“La direttiva digital copyright”, XXXIV convegno di AIDA - locandina



6/12/2019

Introduzione a L’INVIDIA DELL’UTERO, di Lorenza Franco, Circolo Culturale Giordano Bruno (26. 5.2019)


Ad un anno di distanza dalla prima presentazione di “L’invidia dell’utero”, raccolta di poesie di Lorenza Franco che avvenne per l’esattezza il 30 maggio 2018 presso il Centro Culturale ChiAmaMilano di via Laghetto (a seguito dell’anteprima in occasione del compleanno dell’autrice: http://www.divinidiversi.it/images/linvidia%20dellutero%20di%20lorenza%20franco%20edizioni%20nuove%20scritture%202018.pdf), mi ritrovo con piacere io stesso, che curai tal raccolta insieme allo scrittore Angelo Gaccione, introduttore di questo prezioso libretto.

 Tale opera rivela, rispetto alla precedente produzione poetica dell’autrice, ancor più in alcune poesie fatti e riferimenti autobiografici drammatici e dolorosi, che fanno riflettere sulla resilienza che solo una grande intelligenza unita a una grande cultura può possedere. Non a caso tale libro è stato editato in omaggio alla ripresa di pieno vigore fisico e intellettuale di Lorenza Franco dopo un travaglio ospedaliero durato due anni, ad iniziare dall’agosto 2015 tra l’ospedale di Lavagna e quello di San Rocco di Rapallo, passando dall’ospedale milanese Fatebenefratelli in seguito a trauma da terza caduta che la vide praticamente più di là che di qua, e conclusasi in data 4 luglio 2017 alla clinica di via Dezza a Milano con una riuscitissima riabilitazione durata due mesi.

Nell’immagine ricordo che qui riporto https://www.facebook.com/gbonomo1/posts/10213311326007770 la vedete in tale data appena uscita dalla clinica, non più sulla sedia a rotelle ma con la maglietta della Strasingle da vera runner, con la consueta ironia da arguta intellettuale e sagace scrittrice di sempre (siamo entrambi, io e mia madre, visibilmente più vecchi di due anni fa, per il comprensibile stress subito). Voglio dire che tale libro di poesia è in qualche modo la nemesi del superamento di ogni tipo di dolore, anche mortale, dopo quello subito fin dall’infanzia e nell’adolescenza e di cui trovate, come dicevo, cenni autobiografici in qualche poesia.

Nascosta la Camusa, sogghignante,
attende la sua preda con pazienza.
Ma quella bestia cinica e arrogante
di me, per oggi, dovrà fare senza.
è l’ultima quartina di Vorrei trovare in me  , a pag. 69.

E forse non fu un caso, se crediamo alle impreviste ma necessarie sincronicità della vita, che il filosofo e scrittore Roberto Caracci, nell’imminenza della presentazione del suo romanzo “La cella della dea”, fosse stato chiamato a introdurre tale ultima raccolta di poesie dell’autrice, perché nell’accidentato percorso della vita la figura materna è il primo legame con il mondo che ci si apre davanti al momento della nascita. Una madre non continente e negata alla maternità stessa non può che lasciare enormi vuoti che solo una volontà nietzschiana e sovrumana, culturalmente ricca e resiliente, può superare se non colmare. Ne fanno le spese i figli, di generazione in generazione. A meno che non si prosegua, ma si interrompa, la catena karmica. (…).

Certo, l’invidia dell’utero, a controcanto del luogo comune di freudiana memoria. Ma tutti siamo consapevoli, al di là di ogni divergenza o invidia per l’uno o l’altro sesso, che è un dolore normale, che non ha sesso e niente di speciale, di diverso. È per questo che il titolo nasconde e dissimula una ben altra invidia, né del pene né dell’utero, ma dei non amati verso gli – coloro che sono stati - amati. Tra sogno e realtà, esperienza e mito, la madre concreta si intreccia con quella archetipica, insieme strega e fata, mistero e certezza, ma soprattutto donna, forte e resiliente, capace di lasciarci nel tempo il suo dono più grande: la forza di proseguire l’accidentato viaggio della vita e dell’esistere da soli, senza di lei.

Oltre ai riferimenti anticlericali, trovate quindi sul tema de LA MADRE NEGATA, l’omonima poesia a pag. 20, PATOLOGIE a pag. 33, TRA LE SPIGHE a pag. 55, TU MI TENDI LA MANO a pag. 57, queste solo le poesie che mi hanno più impressionato. Ma se cercate in Internet con le parole-chiave del titolo e del nome dell’autrice trovate brevi video sulla presentazione precedente dell’anno scorso

[n.d.r.:
https://youtu.be/raHf8rPzAYY Recensione di Roberto Caracci  1
https://youtu.be/WniygHkVJzA Recensione di Roberto Caracci  2
https://youtu.be/3ip1dwkUouE Recensione di Simona Albano
https://youtu.be/rTNAOg07kmg LA MADRE NEGATA, p. 20.
https://youtu.be/lw-JVrzp420 PATOLOGIE, p. 33.
https://youtu.be/aGqQFukfyGo Riflessioni di Lorenza Franco
https://youtu.be/EtZk9oSVkJ0 TRA LE SPIGHE, p. 55.
https://youtu.be/lD2prc28xxw TU MI TENDI LA MANO, p. 57
https://youtu.be/MbUMyCLe8E4 Intermezzo musicale di R. Nobile
https://youtu.be/PeiIleq2cxQ All’alba, di Simona Albano (omaggio a L. Franco)]

per la quale ancora ringrazio lo scrittore Roberto Caracci e Simona Albano per l’introduzione e le letture, l’editore e scrittore Angelo Gaccione per il coordinamento, Raffaele Nobile per l’intermezzo musicale, così come oggi ringrazio ancora tutti gli intervenuti e gli amici del mio salotto letterario Centro Culturale Candide, gli estimatori di Lorenza Franco e gli amici di libero pensiero e di impegno civile. Ringrazio in particolare lo scrittore Pierino Marazzani e mia mamma, l’autrice, che questa volta è riuscita a intervenire di persona dimostrando una lucidità e un vigore esemplari. Buona lettura!

Milano, 26. 5.2019      avv. Giovanni Bonomo – Candide C.C.




Lorenza Franco
L'invidia dell'utero
Edizioni Nuove Scritture, Abbiategrasso, 2018, pagine 71, euro 10,00

Nuova raccolta poetica della coltissima atea e libera pensatrice milanese di origine valtellinese Lorenza Franco. Sono versi che appartengono alla sua più recente stagione poetica (2015-2016) ma sono anche versi “sparsi” recuperati da un'accurata ricerca del figlio Giovanni Bonomo, ateo militante, fra le carte dell'autrice.

Nella poesia “Il dubbio” si esalta la “straordinaria purificazione” dalle fantasie fideistiche apportata da tale atteggiamento scettico. Infatti per l'Autrice “lo scetticismo è apportatore di vera pace e vera civiltà”.

La negazione di ogni asserito fasullo “aiuto dall'alto” è contenuta nella poesia “Il ghiaccio nel cuore”. Eventuali aiuti nei travagli della nostra vita potrebbero venire solo “da un amico che ti vuole bene”.

Nella poesia intitolata “Iniziazione (Hallowen)” si definisce la religione un “Nulla camuffato da Mistero” creato da fantasiosi fideisti adoratori di un “oscuro Dio che forse neanche esisti”.

Due poesie contro le campane di Ponte in Valtellina, Sondrio, ne segnalano “l'infame tranello: ogni mezz'ora suonan le campane”. Il turista malcapitato ignaro “dalle campane ognidì frastornato”. Basta con questo “cattolico adescamento”! In questo paese “sparge nell'aria insidioso un veleno quel campanile che sta a me di fronte”. L'Autrice satireggia poi su dogmi cattolici: “Se son questi i suoni celestiali, il paradiso sarà poco ambito”. Non si salva nemmeno l'Eucarestia: “Vile mentalità sacrificale,/ interpretata dallo scampanio,/ per annunciare che si ammazza Dio/ e lo si mangia su un crudele altare”.

Nella poesia “Madri e Veneri” si ricorda la “ferocia dell'Inquisizione” che “annienterà del tutto gli iniziati” alle vecchie pratiche idolatriche nel vecchio e nel nuovo mondo.

Ottima la poesia “Senofane” ove si satireggia sulla superbia umana che ha inventato un Dio supremo onnipotente a sua immagine e somiglianza: perfino le zanzare sono convinte che Dio ha creato i mammiferi al loro servizio, in particolare i cavalli. L'ironica poesia così finisce: “si tuffò nello stagno infastidita/ da queste assurdità una verde rana,/ sdegnando di abbassarsi a una smentita/ che il dio batrace riterrebbe vana”.

Pierino Marazzani, giugno 2019




Si ringrazia l'amica Lorenza Bussolati per il cortese contributo fotografico. 
Circolo Culturale Giordano Bruno, Milano 26. 5.2019



4/19/2019

La paura del laico. I "nemici" di Dio sono più onesti e coraggiosi dei suoi amici.


I gravi ultimi fatti di fanatismo religioso pure all'inizio del terzo millennio mi inducono ad una riflessione rievocando quanto dissi a più riprese durante alcune presentazioni di libri e autori nel mio Centro Culturale Candide. In particolare richiamo quella presentazione del filosofo e scrittore Roberto Escobar, nel novembre del 2010, in occasione della pubblicazione del suo libro intitolato "La paura del laico", Il Mulino ed. 2010.

Oltre agli episodi ultimi di terrorismo mi obbligano a scrivere queste note anche alcuni ragionamenti arrivatimi via email, di poco precedenti all'ultima strage di matrice islamica, da parte di artisti e intellettuali con cui sono in contatto a proposito dell' "ateismo".

Si tratta dell'addebito, se così si può chiamare, di "ateismo militante" che mi sono sentito rivolgere fino alla nausea e del presunto dogmatismo, o della asserita intolleranza, degli atei in generale. Non nascondo che tale addebito a me è sempre suonato, ascoltando il credente (di qualsiasi delle tre religioni abramitiche), come sentire Totò Riina accusare qualcuno di essere un assassino. Comunque, nel bene o nel male, avevo fatto diventare, soprattutto in esito alla presentazione di quel libro, il termine "ateismo" un argomento di conversazione nei miei rapporti con amici e conoscenti, nonostante io abbia più volte precisato che si tratta di un termine da me non amato anche se poi costretto a usarlo [1].

Ma quando tale critica proviene da nomi di spicco del giornalismo allora è doveroso un chiarimento. Soprattutto quando capita di leggere l'articolo di Eugenio Scalfari , su L'Espresso, dal titolo "Atei militanti ecco perché sbagliate" [2].

Mi sono non poco stupito della povertà contenutistica di tale articolo scritto da un ex ateo che ora attacca gli atei: il vecchio Scalfari dà l'idea di non riuscire a tenere a freno la paura della morte e come tutti coloro che durante la loro vita si sono proclamati atei senza esserlo, perché in verità laici devoti, si rivela finalmente per ciò che era, vale a dire un finto ateo che su un aereo che cade si raccomanda a Dio.

Un capolavoro di incoerenza, tale articolo, che inizia con l'assurda premessa secondo la quale i religiosi, nel loro assolutismo, sono sostanzialmente "cauti" mentre gli atei invece sono "poco tolleranti", finisce con la dichiarazione, o meglio ammissione, che  sono i religiosi a insanguinare il pianeta a causa del loro assolutismo: "Nel caso della nostra storia millenaria il mondo è stato spesso insanguinato da guerre di religione". Ah, ecco...

Non mancano ovviamente le risposte di vari nomi di spicco, che potete trovare nel Web, tra le quali segnalo quella di Angelo Cannatà su MicroMega, il quale si illude che Scalfari possa spiegare ai lettori, che meritano un chiarimento, la contraddizione: "(...) L'ateismo è una cosa seria, per Nietzsche 'l'atto più ricco di una bimillenaria educazione alla verità imposta e calata dall'alto'. Io temo di vederti cadere, Eugenio, nei compromessi - e nei tormenti - dell'ultimo Voltaire di cui parli in Alla ricerca della morale perduta. I lettori meritano un chiarimento"[3].

Ma sarebbe come chiedere - se tale è la non rassegnazione di un uomo di cultura e noto giornalista alla finitezza dell'esistenza - a chi si mette a pregare su un aereo che cade perché lo fa. Eppure avevo già affrontato la questione della psicosi collettiva e dei costi della religione nel nostro Paese, illudendomi che, chi non vuole affrontare la questione sotto il profilo morale e razionale, potesse comprenderne almeno gli aspetti di presunta "utilità" [4].

Insomma, mancando argomenti razionali, l'ultimo modo di difendere la religione è di essenzialmente attaccare l'ateismo come un'altra religione: è intollerante, è dogmatico, è arrogante. E Scalfari non fa che ripercorrere tale corrente di pensiero, la quale aveva già ottenuto significative risposte da più parti: la più sonora e ridicolizzante è quella di Sam Harris che trovante nel Web [5].

Ora, tornando al nostro autore Escobar, vi sarebbe da chiedersi ancora, a distanza di 7 anni, quali sono le conseguenze della deriva religiosa, ancora in atto sia in politica che in una parte della intellighentia, per le nostre libertà civili.

Come in ogni guerra anche in questa attuale contro il fondamentalismo islamico ci sono vittime ulteriori rispetto a quelle dei cittadini che vediamo inerti e massacrati sulla rambla di Barcellona: siamo noi. Chiusi nella miseria dell'odio, ci lasciamo convincere a rinunciare ai nostri stessi diritti civili, senza agire, perché tanto possiamo sfogare il risentimento e il nostro "coraggio" da leoni da tastiera su Facebook. Di questo oggi dovremmo aver paura ancor più dell'altro che ci "invade".

Chi non crede nel trascendente o in Dio non è affatto uno che non crede in nulla, caro Scalfari, e cari credenti con lui concordi che mi accusate di intolleranza. Al contrario. Il laico, l' "ateo", è padrone delle proprie idee e può risponderne in coscienza, perché non contempla alcuna ricompensa nell'aldilà.

Contrapponendo il coraggio a un dogma che blandisce la paura, il pensiero laico rappresenta valori di condivisione e di conoscenza. E' da questi valori e dall'uso della ragione che possiamo trovare la forza di opporci all'imposizione di un pensiero unico calato dall'alto - che ora fa uso dei mezzi di distrazione di massa - e di cui beneficiano i soliti pochi ricchi e potenti.
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Giovanni Bonomo - Candide C.C.                                            18 agosto 2017



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[3] "Scalfari, ora devi spiegare ai lettori che cosa pensi degli atei", in MicroMega 31. 7.2017.










3/03/2019

L’EMPATIA alla base di ogni convivenza


Mentre mi appresto a consegnare al Sole 24Ore l’articolo sul social influencer, fenomeno di questi tempi di esibizione e spettacolarizzazione di sé e dei prodotti sperimentati e ostentati (più o meno spontaneamente anche da VIP, donde il sospetto di pubblicità occulta su cui sta ora indagando l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con riferimento a due noti brand), il caso - o la sincronicità con serendipità, per chi ci crede - vuole che oggi 3 marzo 2019 l’incontro domenicale della serie Filosofia sui Navigli, impeccabilmente organizzato dall’avv. Pietro Tamburrini all’Officina 12, riguardasse un tema di drammatica attualità: “La paresi dell’Empatia nel mondo contemporaneo”, titolo ispirato dalla lettura del libro di Simon Baron-Cohen “La scienza del male. L’empatia e le origini della crudeltà”, come ci spiegherà poi la relatrice prof. Enrichetta Buchli, psicoterapeuta e saggista.

La paresi dell’empatia ti fa venire in mente, per forza di cose, il narcisista-tipo e la base del suo agire: questo almeno se vogliamo ragionare in termini razionali escludendone la causa nella malvagità fine a sé stessa, a cui solo il pensiero religioso ancora crede. E il mio pensiero è andato spontaneamente a quelle divertenti, sdrammatizzanti e istruttive videonote del prof. Elvino Miali su Cam.TV, il nuovo social network che condivide e valorizza i talenti e le competenze. Su tale argomento ho poi scritto l’articolo, visibile in Facebook, Il NARCISISMO, una piaga sociale più che un dramma personale.

Ebbene, le considerazioni della professoressa, con richiami storici, filosofici e antropologici, sull’origine del male e della crudeltà, alla quale può fare argine solo il ragionamento, il buon senso e la cultura (fondamentale è stato il richiamo dell’imperativo kantiano “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”) non poteva non sfociare nel narcisismo maligno, scandagliato poi in ogni particolare anche con interventi del pubblico. Inevitabile è stato il riferimento al libro di Les Carter, Difendersi dai narcisisti. Ma una frase in particolare della professoressa mi ha colpito: “Paradossalmente i meno narcisisti sono gli attori”, come da sua personale constatazione avendo ella studiato anche drammaturgia.

In effetti, il saper mettersi nei panni dell’altro, viene più facile ad un attore, che lo fa per professione. L’ambito relazionale di una messa in scena, con anche scambio di ruoli vittima e carnefice, non può che avere salutari e benefici effetti sulla nostra intelligenza emotiva stimolando l’empatia.

Il messaggio conclusivo e la “morale” dell’incontro è di fondamentale importanza e mi ha indotto a scrivere queste brevi note. L’empatia non è un sentimento amorevole né un atteggiamento sentimentale, ma un atto cognitivo di consapevolezza, un atto di sano egoismo piuttosto, che solo ci permette di convivere e condividere, di immedesimarci nell’altro e quindi di rispettarlo come noi rispettiamo noi stessi.

L’utopia dell’amore per il prossimo predicato da qualche religione resta irrealizzabile, ma soprattutto non serve ed è fuorviante. Iniziamo ad amare noi stessi e capiremo che l’imperativo kantiano è più realizzabile di ogni altro comandamento divino. Ci vorrebbe un’educazione culturale all’empatia, costruita sulla base di quell’etica sociale che già i filosofi presocratici insegnavano e che non sono prerogativa di nessun credo religioso.

In data 9 febbraio 2018 ero presente al convegno “Guerre e pace. Una legge nazionale per ricordare e una ricorrenza annuale per mobilitare le coscienze” con il quale si è celebrata la prima “Giornata nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo” presso l’Hotel Cavalieri di Milano, organizzata dalla ANVCG Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra sez. di Milano e Lombardia.

Intellettuali di spicco tra relatori e partecipanti hanno condiviso l’imperativo morale, tanto propugnato inutilmente dallo scrittore Carlo Cassola, del disarmo totale, a fonte della minaccia di una guerra totale: che nell’attuale società tecnologica che fabbrica anche armi di distruzione di massa si fa sempre più minacciosa: il mix tra la tecnologia attuale e l’aggressività dell’essere umano può rappresentare una vera minaccia per l’umanità.

Spero che queste mie riflessioni facciano riflettere più di ogni riflessione nello specchio del narcisista, altrimenti non andremo da nessuna parte e l’umanità si autodistruggerà.

         Milano, 3. 3.2019   Avv. Giovanni Bonomo – Candide C.C.