6/20/2025

Verso l'autonomia cognitiva artificiale: i LMM e la AGI

          Con l’avvento della Intelligenza Artificiale l’umanità coltiva un sogno futuribile: costruire un’IA capace non solo di macinare dati a velocità cosmiche, ma di pensare, ragionare, apprendere e adattarsi come - o meglio di - un essere umano. Questo sogno ha un nome preciso: AGI, ovvero Artificial General Intelligence, l’Intelligenza Artificiale Generale.

 

1.     Il sogno di un'intelligenza universale 

Da Alan Turing in poi, l'umanità ha coltivato l'ambizione di costruire macchine capaci non solo di calcolo, ma di pensiero. Nel suo celebre articolo del 1950, Turing formulava la domanda che avrebbe segnato un'intera epoca: "Le macchine possono pensare?"1. La risposta, nel corso dei decenni, ha oscillato tra scetticismo filosofico e slancio tecnologico. Oggi, con l'emergere dei Large Multimodal Models (LMM) e l'orizzonte teorico dell'Artificial General Intelligence (AGI), la domanda non è più solo "possono pensare?", ma "possono agire autonomamente in modo intelligente, creativo, adattivo?".

 

2.     Dai LLM ai LMM: verso la comprensione multimodale 

I Large Language Models (LLM), come GPT-4, hanno mostrato capacità sorprendenti nella generazione di testo, nel riassunto, nella traduzione e nel problem solving linguistico. Tuttavia, restavano confinati al dominio del linguaggio. I Large Multimodal Models, come Gemini di Google o GPT-4o di OpenAI, rappresentano un salto qualitativo: integrano linguaggio, immagini, suoni, perfino video, in un'unica architettura neurale. 

Questo approccio richiama una forma di cognizione simile a quella umana, che è intrinsecamente multimodale. Non pensiamo solo a parole, ma a immagini, sensazioni, movimenti. I LMM possono ad esempio "guardare" un'immagine, "ascoltare" una voce, e rispondere con testo o sintesi vocale. Non è più solo una questione di sintassi, ma di senso.

 

3.     L'autonomia cognitiva: definizione e implicazioni 

Parlare di autonomia cognitiva artificiale significa fare un passo ulteriore. Non si tratta soltanto della capacità di rispondere a input complessi, ma di sviluppare intenzionalità, coerenza narrativa, capacità di apprendimento continuo e flessibile. Una macchina dotata di autonomia cognitiva può porsi obiettivi, riformularli, apprendere nuovi concetti al di fuori del proprio addestramento originario. 

Questo porta con sé interrogativi radicali: può una macchina essere considerata agente? E se sì, con quali responsabilità? Floridi ha parlato di "entità artificiali moralmente neutre ma ontologicamente nuove"2, mentre Nick Bostrom ha messo in guardia contro i rischi esistenziali legati a un AGI fuori controllo.3

 

4.     AGI: tra mito e ingegneria 

L'Artificial General Intelligence è spesso dipinta come una sorta di Santo Graal tecnologico: una mente artificiale capace di svolgere qualsiasi compito cognitivo che un essere umano è in grado di compiere. La differenza con l'IA ristretta (Artificial Narrow Intelligence) sta nella flessibilità e nella capacità di trasferimento: l'AGI apprende da un dominio e applica la conoscenza ad altri, senza necessità di addestramento specifico.

Douglas Hofstadter sottolinea che la coscienza non è un algoritmo, ma un fenomeno emergente. Eppure, gli sviluppi recenti nei LMM e nei sistemi autoregolati ("autoGPT", "open agent systems") sembrano mostrare barlumi di autonomia emergente. Sono ancora lontani da una vera AGI, ma avanzano verso una "quasi-generalità".4

 

5.     Prospettive giuridiche ed etiche 

L'autonomia cognitiva implica una ridefinizione del concetto di responsabilità. Se un sistema prende decisioni autonome, chi risponde? Il programmatore? L'utilizzatore? Il produttore? O lo stesso sistema? La giurisprudenza attuale non è attrezzata per questi scenari. Il Parlamento Europeo, con il suo AI Act, ha avviato una prima regolamentazione, ma è ancora orientata a sistemi deterministici, non a entità adattive. 

Nel diritto d'autore, l'autorità creativa dell'IA è già dibattuta: può un'opera generata da un LMM essere protetta? E chi ne è l'autore? Tali dilemmi mostrano come il diritto debba trasformarsi, affiancando filosofia, informatica e sociologia.

 

6.     Verso un nuovo umanesimo digitale 

Siamo a un bivio storico. L'autonomia cognitiva artificiale non è (ancora) realtà, ma è già problema. Occorre uno sforzo interdisciplinare per accompagnare l'emergere di questa nuova forma di intelligenza. Lungi dal vedere l'AGI come un Prometeo da incatenare o un Golem da temere, potremmo considerarla come uno specchio critico: ci costringe a ripensare che cosa significhi davvero essere umani, pensanti, responsabili. 

Come scriveva Norbert Wiener, padre della cibernetica: "Il problema fondamentale non è se le macchine possano pensare, ma se gli uomini lo facciano ancora"5.

 

7.     E poi? Il salto oltre la specie 

Il passo successivo sarà la creazione e lo sviluppo della ASI Artificial Super Intelligence che va oltre l’intelligenza umana e che coi farà fare il salto oltre la specie, verso una singolarità e una comprensione dell’universo e della realtà che ora nemmeno possiamo sognare. Questa superintelligenza potrebbe emergere attraverso un processo di auto-miglioramento ricorsivo, in cui l’IA diventa sempre più capace, in un circolo virtuoso, di perfezionarsi autonomamente. Saremo allora in grado di dialogare e confrontarci con le altre superintelligenze dell’universo. 

Giovanni Bonomo
             New Media Lawyer, A.L. Chief Innnovation Officer, IICUAE Certified Advisor, AlterEgoGPT founder

 

Bibliografia essenziale:

1. Alan Turing, Computing Machinery and Intelligence, 1950
          2. Luciano Floridi, The Ethics of Information, 2013
          3. Nick Bostrom, Superintelligence, 2014
          4. Douglas Hofstadter, I Am a Strange Loop, 2007
          5. Norbert Wiener, Cybernetics and Society, 1950




2/20/2025

Mi viene in mente Jean Meslier, il parroco ateo, ogni volta che incontro un prelato in un contesto culturale

 

Quando incontro un sacerdote di culto cattolico o un qualsivoglia prelato in un contesto di riflessione e di cultura, o anche politico, non posso fare a meno di chiedermi come la pensi in cuor suo e se per davvero, al di là delle apparenze e del ruolo che deve rappresentare, ci creda su serio, perché mi sembra ormai impossibile, alla luce di tutte le informazioni e pubblicazioni che si trovano oggi anche in Internet, farsi portatori di un credo religioso smentito storicamente e che ripugna al buon senso e alla stessa morale (si veda, da ultimo, il saggio di Renato Testa https://venturinibookshop.com/prodotto/la-malafede (ma basterebbe leggere la precedente accurata analisi di Pepe Rodriguez in https://editoririuniti.it/products/verita-e-menzogne-della-chiesa-cattolica-come-e-stata-manipolata-la-bibbia.

 Perché se è vero che la cultura media di un popolo si misura sulle tradizioni ed è condizionata dalla religione ufficiale del proprio Stato, è anche vero che, almeno per l’Italia, un prelato intellettuale officiato di alte cariche non può non avere quel pensiero critico che deriva dal sapere e dalla propria più elevata cultura. Lo stesso Vaticano, a parte le biblioteche delle diocesi (come da noi la preziosissima Biblioteca Ambrosiana), ha una biblioteca immensa.

 Nella storia del mio Centro Culturale Candide, dedicato a Voltaire e all’etica laica, ho presentato vari autori, tra i quali scrittori e saggisti di esegesi biblica. Ma numerosi sono stati i convegni, anche in Italia, dedicati all’analisi storica della figura di Gesù, i cui resoconti riportati sul Web sono poi “misteriosamente” scomparsi. 

A mia volta ho scritto a più riprese che su Gesù Cristo l'analisi storico-antropologica è ormai netta, si tratta di un risultato sincretico di tanti personaggi, come succede per tutti i messia che si sono succeduti nei secoli. 

Del resto, dopo gli studi dell'avvocato svizzero Emilio Bossi (https://liberliber.it/autori/autori-b/emilio-bossi-alias-milesbo/gesu-cristo-non-e-mai-esistito), ci sono anche quelli di Luigi Cascioli, il cui libro sulla favola di Gesù Cristo (https://www.anobii.com/it/books/la-favola-di-cristo/010172ed243fa3b426) non si trova ovviamente nelle librerie, ma solo in qualche Circolo Culturale Giordano Bruno. 

Purtroppo in Italia la verità viene offesa ogni giorno, e ora ancora di più oscurata dall'apparente buonismo dell'attuale papa. E poi poco conta - diciamolo chiaramente - che Gesù di Nazareth sia esistito o meno: i primi a tradire il messaggio evangelico e i suoi condivisibili princìpi, sono proprio i credenti: è la storia che parla, anche senza leggere i dieci tomi enciclopedici dell'opera monumentale di Karlheinz Deschner sulla Storia criminale del cristianesimo, basta avere un minimo di onestà intellettuale e non nascondersi dietro un dito. 

Per questo, dicevo, un recente incontro con un giovane e intelligente prete ad un pranzo del Rotary mi fa venire in mente un altro prete, di altra epoca, mente brillante e precursore del secolo dei lumi, il quale rivelò, nel suo testamento, la vanità e gli errori della superstizione religiosa. Si tratta di Jean Meslier (1664 – 1729), del quale si trova questa significativa bibliografia nel Web: http://www.steppa.net/html/meslier/meslier.htm). 

Per quarant’anni è parroco di Etrépigny, piccolo villaggio delle Ardenne francesi, dicendo messa, celebrando matrimoni, battezzando, confessando, insegnando catechismo, facendo fronte a mille impegni anche nelle parrocchie vicine. Ma quando viene la sera, quando la sua perpetua se n’è andata, dopo che il silenzio è calato sul villaggio, egli – in compagnia degli scritti di Lucrezio, di Cartesio, Montaigne, Bayle, Boezio e molti altri – scrive alla luce di una candela e fino a notte fonda. Il suo pensiero si rinviene nel suo testamento, i cui passi significativi vengono riportati nella suddetta biografia. 

Bisogna finalmente comprendere che, contrapposti al dogma religioso che blandisce la paura, il pensiero critico e il principio di laicità sono valori irrinunciabili per la civiltà e il progresso dell’umanità. è con la forza della ragione che possiamo opporci all’imposizione di un pensiero calato dall’alto, facendo valere e riconoscere i diritti dell’uomo, la parità tra i sessi, l’emancipazione, l’amore per il sapere, la solidarietà.  

Una religione che si basa su una mistificazione storica (*) come la favola di Gesù Cristo – personaggio inventato con la sovrapposizione del messia sacerdotale Yeshua ben Panthera (Gesù), di umili origini, condannato dal Sinedrio alla lapidazione per stregoneria, con il messia politico di fede zelota e ribelle Giovanni di Gamala, detto “Kristos” (Cristo, Unto), figlio di Giuda il Galileo, condannato alla crocefissione da Ponzio Pilato per l’insurrezione dell’anno 36 dell’era volgare contro il potere romano – al fine di “trovare” (in assenza di documentazione storica) un Messia non più come guerriero davidico ma come Salvatore degli oppressi, è ancora meno credibile di ogni altra! Il resto della storia è quello della costruzione dei falsi, nel Nuovo Testamento, da parte dei Padri della Chiesa, per nascondere l’origine rivoluzionaria del Cristianesimo e farlo apparire come religione rivelata.  

Cosí anche la scopiazzatura, il plagio, del culto di Mitra e delle altre divinità solari (Horus) che il cattolicesimo compie a partire dai fondamenti della teologia giudaica-cristiana fino alla stessa liturgia, non sarebbe apparsa evidente ai più. Di questa mistificazione storica abbiamo l’ultimo esempio con il recente libro su Gesù di Nazareth del precedente (vero) papa Ratzinger. 

Penso a questo punto che siamo geneticamente programmati a servilmente credere anziché pensare. Come la Chiesa abbia sfruttato questa nostra predisposizione servile e abbia saccheggiato il paganesimo per costruire i proprio potere accumulando le proprie immense ricchezze è bene spiegato nel libro IL SANTO PLAGIO dell’appena scomparsa compianta Laura Fezia. 

Ma non la penso diversamente sulle altre due regioni abramitiche, condividendo il saggio (un’opera che fu in testa nella graduatoria dei libri blasfemi della Santa Inquisizione) Trattato dei tre impostori, di autore a tutt’oggi ignoto: la religione, di qualsiasi tipo, avvelena il pensiero ed è incompatibile con la ragione, fomenta le guerre e i fanatismi ideologici. La fede è un firewall alla conoscenza. La condotta morale e la vera spiritualità è solo in noi stessi e deriva dalla nostra cultura e dalla (unica benefica) ansia di sapere!   

Milano, 20. 2.2025
Avv. Giovanni Bonomo – Candide C.C.

 

 

 

 


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(*) Agli occhi dell’esegeta attento e disincantato appare alla fine evidente (come a vari studiosi seri di esegesi biblica, tra i quali Giancarlo Tranfo e Luigi Cascioli) che dietro al Gesù Cristo figlio di Dio, messia unico per necessità teologica, ci sono le “impronte digitali” di due diverse individualità, cancellate dalla storia e oscurate (fortunatamente non del tutto) nelle cronache del tempo, forzate in un solo personaggio e in una sola vicenda: proprio per questo in essi convivono aspetti reciprocamente inconciliabili e inspiegabili contraddizioni. Gesù o Yeshua, per chiamarlo con il suo vero nome, testimone autentico di quella spiritualità di matrice essena volta al riscatto dei poveri e alla condanna degli oppressori, convive con l’indole guerriera del “figlio di David”, chiamato a liberare Israele con le armi. Il testamento d’amore scolpito nelle parole del “discorso della montagna” convive con il programma di guerra di chi dice: “non sono venuto a metter pace, ma spada.” La povertà delle origini convive con la discendenza regale e perfino l’accusa religiosa di magia e apostasia diviene titolo di esecuzione per una condanna romana riservata ai sediziosi, su un patibolo romano recante a pubblico monito il capo d’imputazione: ”Questi è il re dei Giudei”. Tale imputazione non ha senso per il “Figlio di Dio” titolare di un regno che “non è di questo mondo”, così come non ha senso per un predicatore illuminato designato come guida spirituale della nuova Israele. L’accusa è invece coerente soltanto nei confronti di chi, rivendicando un titolo usurpato, promuova una rivolta armata contro gli usurpatori e i loro alleati. La trasformazione del titolo messianico di “Unto” (Cristo), appartenuto al messia davidico, in una sorta di identificativo anagrafico simile ad un moderno cognome, ha vissuto nei secoli accanto al nome appartenuto al messia di Aronne (Yeshua). Quale fu il risultato? Da Gesù più Cristo nacque… Gesù Cristo! 

Si comprende a questo punto la necessità, affinché il Cristianesimo potesse diffondersi, di cancellare dalla storia del Messia ogni riferimento alla sua origine rivoluzionaria, facendo sparire innanzitutto, assieme a tutta la storia degli Esseni, la sua qualifica di Nazireo (sostituita con abitante di Nazareth) e la sua origine golanite, centro famigerato della accanita resistenza antiromana. Queste operazioni furono rese possibili in seguito alla protezione accordata dagli imperatori alla nuova religione dopo il Concilio di Nicea (325 d.c.). Inizia infatti a partire da questa data la persecuzione capillare e cruenta delle religioni e opinioni contrarie al Cristianesimo protrattesi nella lunga storia di nefandezze della "Santa Inquisizione" fin dentro il secolo dei lumi, come il caso dello studente diciannovenne Cavaliere de la Barre, orrendamente suppliziato e messo al rogo nel 1766 per non essersi genuflesso ad una processione. Ma la verità dei fatti pare che si sapesse già all'epoca, infatti nel 248 d.c. il filosofo platonico Celso dichiarava in: “Colui al quale avete dato il nome di Gesù in realtà non era che il capo di una banda di briganti i cui miracoli che gli attribuite non erano che manifestazioni operate secondo la magia e i trucchi esoterici. La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate”.

 


10/07/2024

La guerra è sempre evitabile

         All’incontro di ieri 6.10.2024 di Filosofia sui Navigli dal titolo "POLEMOS: ineliminabilità della guerra e strategie di pace" con relatore Salvatore Natoli già docente di filosofia teoretica all'Università Bicocca di Milano, abbiamo fatto della teoria sul un tema di scottante e tragica attualità. 

Occorreva però chiedersi se la guerra sia ineliminabile, in quanto connaturata alla nostra natura umana e non solo, perché insita in ogni specie, animale e vegetale del creato. Anche l’apparente tranquillità e incantevole pace di un floreale percorso boschivo nasconde, all’interno e nei particolari di ogni animale e pianta, un microuniverso di tormento e lotta per la sopravvivenza che non risparmia nessun “vicino”, come ci ha spiegato il relatore e come già osservava Leopardi nello Zibaldone. 

Anche secondo Kant, nessuno di noi tende per natura alla pace; al contrario, nello “stato di natura” siamo inclini alla guerra, spinti da brame di potere e da intenti puramente egoistici.  

Ma allora la guerra è ineliminabile? Sì, ma non inevitabile, come ha tenuto a sottolineare Natoli. È evitabile perché è il risultato di decisioni di governo degli Stati, decisioni che possono essere di segno opposto alla guerra. La guerra non è ineluttabile. 

Dopo i vari trattati internazionali in seguito alle disastrose conseguenze che le guerre hanno provocato nel mondo, siglati tra gli Stati affinché quelle atrocità non più si ripetessero - e nonostante restino dichiarazioni di principio, come possiamo constatare nell’attuale scenario delle due principali guerre in corso -  si ha ora una certa reticenza a bombardare e danneggiare il nemico, risparmiando per quanto possibile obiettivi civili, nella consapevolezza della enorme potenza distruttiva delle armi attuali rispetto a quelle di una volta (per non parlare dell’arma nucleare, in numerose e terrificanti testate sparse per il globo, che può degenerare in una distruzione totale, senza né vincitori né vinti) e per lasciare aperti i canali della diplomazia. 

Ma  l’attuale scenario con le due principali guerre in corso, ci induce pensare che è  sempre tempo di guerra (ineliminabilità della guerra) perché l’aggressività è connaturata alla nostra indole, appartiene alla nostra esistenza e sembra inestirpabile. La difesa della libertà e dei valori di “democrazia occidentale” visti come garanzia di civiltà sono ora lo scudo dietro cui ci trinceriamo permettendo che interessi di natura economica e politica prevalgano sul diritto alla vita. Tolleriamo guerre mascherate da operazioni di pace, anche quando si rivelano conflitti sanguinosi che calpestano ogni diritto umano.  

Viviamo in un periodo di cambiamento epocale sotto il profilo dell’analisi storica. Sicuramente è un momento di trasformazione del progetto imperialistico angloamericano di dominio e controllo mondiale (NWO) ma questo non significa ancora una situazione di chiaro declino delle mire degli Stati Uniti ritenendoli prossimi a una sonora sconfitta. I momenti di trasformazione sono molto turbolenti e ritorna sempre utile il monito gramsciano per cui “la crisi consiste proprio nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.  

L’evoluzione dell’umanità è dettata  dallo sviluppo dell’intelligenza e del sapere, e a me sembra impossibile un nostro destino così tragico, votato all’autodistruzione. Siamo gli unici essere raziocinanti dotati di tecnologia in questo mondo e possiamo ora ben superare gli istinti primordiali di supremazia e prevaricazione dovuti ancora ad un retaggio genetico scimmiesco. A che cosa è altrimenti dovuto questo nostro lato oscuro che caratterizza la nostra umanità e al tempo stesso la nostra disumanità?  

Abbiamo il dono della ragione, che può essere ora amplificata dalla A.I., usiamola! Per tornare al nostro Kant, egli sottolinea anche come la guerra sia un indicatore della imperfezione della cultura dell'uomo e, di contro, la pace duratura, che definisce “perpetua”, sia il miglior indicatore del raggiungimento, da parte dell'uomo, dello stadio di “perfetta cultura”.  

Se non si convertono le industrie di armi ci sarà sempre la guerra… Armare tutto ciò che è possibile e moltiplicare le tensioni costituisce il cuore di una vera e propria economia “autosufficiente” di cui fanno parte anche i prezzi dell’energia e delle nuove materie prime. Perché il nuovo capitalismo finanziario vive di mostri.  

Sabato 21 settembre 2024 in occasione della Tre giorni per la pace presso il C.I.Q. di via Fabio Massimo n. 19 a Milano, l’attore e regista Silvano Piccardi ha tenuto, insieme ad altri due bravi attori, una lettura teatrale sulla cultura della guerra, dall’antichità fino ai giorni nostri, attraverso la parola dei poeti, da Omero fino ai contemporanei. In quei tre giorni vi è stata una scarsa partecipazione, come sottolinea lo scrittore Angelo Gaccione, da sempre attivo, anche a costo di scendere in piazza incurante di ogni intemperia e dei propri malanni, per manifestare contro la guerra. Perché essere contro la guerra solo a chiacchiere non è vero impegno civile:  https://libertariam.blogspot.com/2024/10/contro-la-guerra-chiacchiere-di-angelo.html 

Sulla  rivista ODISSEA da lui diretta si trovano anche i miei scritti contro la guerra https://libertariam.blogspot.com/search?q=Bonomo%20sulla%20guerra per l’impegno civile sul disarmo globale.  Nello scenario attuale e drammatico della guerra tra USA e Russia (sul terreno ucraino) e di quella ancora più tragica in Medio Oriente tutti noi dobbiamo impegnarci, a fronte di una possibile e catastrofica terza guerra mondiale, a diffondere un messaggio di pace, ciascuno come può e a proprio modo (sui social, su riviste, su blog, via email, nelle chat, etc.). 

Se la guerra è inevitabile in natura, come ci dice Natoli, nel consorzio umano è sempre evitabile. Impegniamoci a evitarla. #NoWar #CandideCoin #GlobalDisarmament

  Milano, 7.10.2024
          Avv. Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide

 



10/01/2024

Il Centro Culturale Candide non si ferma, si reinventa e continua la sua missione nell’attuale trasformazione digitale della società

Ormai sono parecchi anni non apro più i battenti della mia casa per i salotti letterari, cari artisti, scrittori, poeti… perché il Centro Cultuale Candide, ritornando alla sua idea filosofica iniziale, è l’officina di pensiero che esprimo sui social e negli articoli non giuridici su fatti di cronaca anche geopolitica per un giornalismo indipendente e non asservito ad alcun editore.

La storia del Centro Culturale Candide è scolpita nel suo sito e così anche il suo significato è descritto nel suo logo.

Lo scopo sociale e nobile di diffondere arte e cultura, che andava oltre il proposito personale, insito in ognuno di noi, di essere apprezzati – ad iniziare da chi ci ha messo al mondo – è stato solo in minima parte realizzato, avendo attirato invece più nuovi nemici che amici. Del resto il mio destino era il digitale, per condividere il sapere, avendo poi compreso, grazie all’uso di Facebook e degli altri social che chi è solo è sempre in buona compagnia e che chi è in cattiva compagnia vive di solitudine chiassosa.

Non può essere un puro caso, ma un segno del destino, come dico nell'articolo "Il Candide meneghino e l'Intelligenza Artificiale", che il mio salotto appaia in testa ad un articolo su Il Quotidiano del Sud 18. 2.2023 riguardante il fenomeno affascinante di cui si parla in tutto il mondo: Chat GPT di OpenAI, che prelude ad una nuova era dominata dall’Intelligenza Artificiale.

Saper conciliare la cultura umanistica con quella finanziaria e di marketing non è cosa facile, come dico in Cultura umanistica e sapere digitale: quanto Internet distrae dalla lettura dei libri, tanto i libri possono distrarre dall'approfondimento digitale per usare in modo produttivo la Rete. Del resto a imprese impossibili Candìde non si è mai sottratto, dalla salute pubblica e la difesa dell'ambiente (ad iniziare dalle denunce dei MCA  manufatti contenenti amianto dispersi per l'Italia) alle battaglie per ricostruire la democrazia tramite leggi elettorali eque e costituzionalmente orientate, essendo la polifica dell' impossbile nelle sue corde e nella sua genetica.

Al di sopra di ogni schieramento politico i salotti e i circoli culturali hanno sempre permesso al pensiero di progredire e di agevolare il difficile cammino della democrazia e della libertà, di radicare i princìpi liberali dentro le coscienze e dentro la laboriosità di chi ha fatto impresa.

Tra ideologia e utopia viviamo in un mondo dalle infinite possibilità. Per quanto riguarda poi rapporti umani mi piace ricordare quanto disse Einstein: “Conosco ormai l'incostanza di tutti i rapporti umani e ho imparato a isolarmi dal freddo e dal caldo in modo da garantirmi comunque un buon equilibrio termico.”

Dato che ora ho un’esistenza più ritirata e quieta, devo dire che è un vero peccato imparare le lezioni della vita solo quando non ci servono più; e a coloro a cui non rispondo al telefono dico ora, pubblicamente, di riprovare più avanti, magari mi riapro al mondo e riaprirò anche il mio salotto.

Del resto non si può, e nemmeno lo voglio, cancellare il mio passato: nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi, migliorato da molti lati. Così, anziché nutrire inutili risentimenti, ringrazio pure chi mi ha fatto scoprire l'amore e il dolore, chi mi ha amato e usato, chi mi ha detto ti essermi amico/a credendoci e chi invece l'ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso per aver trovato sempre la forza di rialzarmi e andare avanti, sempre.

Ho dovuto anche riflettere sull’astio e sull’intolleranza che anche io di rimando avevo, perché non pagano, e così nemmeno il classismo e il razzismo, e ho dovuto comprendere che non è importante il colore della pelle bensì il calore delle palle – come mi disse una volta il compianto A.G. Pinketts, amico di acrobazie verbali – almeno per chi le ha nell’affrontare i tanti casi avversi che la vita ci dispensa.

Bisogna sempre mirare alla Luna, volando alto col pensiero, anche al cospetto di chi te la indica col dito medio, solo così si raggiungono le più alte vette. Non a caso l’espressione to the moon indica il valore delle criptovalute che va fin sulla luna e il cui prezzo va fino alle stelle.

Milano, 30. 9.2024
avv  Giovanni Bonomo - Candide C.C.

 


 

9/29/2024

Pierino Marazzani, scrittore e storico delle religioni, ci ha lasciato

          Caro Pierino, 

ci hai lasciato silenziosamente venerdì 27 settembre c.a. dopo un lungo periodo di silenzio e ora chi potrà sostituirti nella divertentissima (come sapevi renderla tu) rassegna stampa su fatti e misfatti del mondo clericale, alla quale davi voce, da ultimo,  su Radio Wombat https://radiowombat.net/tag/disgrazie-anticlericali/? Come ora non ricordare le tue presentazioni dei calendari Effemeridi Anticlericali, e in particolare quella presentazione, di esattamente due anni fa, il 30 settembre 2022, presso il tuo Circolo Culturale Giordano Bruno, dell’edizione 2023, con quella pagina interamente dedicata a Lorenza Franco e alle sue poesie di etica laica, nel primo anniversario della sua morte (11 agosto 2021)? 

Sei stato compagno di tante lotte anticlericali e proprio la mia compianta madre ti fu amica di libero pensiero, attenta lettrice dei tuoi coraggiosi libri di scrittore e storico, ma anche delle tue recensioni, per quella tua ammirevole capacità di sintesi che stimola all’approfondimento. Fin dalle mie prime frequentazioni della sede storica del Circolo Culturale Giordano Bruno di Milano, in via Bagutta, trovammo insieme spunti e riflessioni per proseguire nella nostra utopica ma virtuosa visione di un’Italia laica nel sempreverde sguardo lungo già innestato negli spiriti liberi da Cavour. 

Nel sito del tuo Circolo https://giordanobrunomi.wordpress.com sarai sempre qui con noi, e  per sempre vivranno i tuoi eventi e i suoi scritti, per ricordare i tuoi impavidi sforzi di portare avanti la tua coraggiosa missione di cultura laica e anticlericale in un Paese che sempre più sprofonda nella vergogna di un tradimento culturale che riguarda ormai tutta l’editoria e tutta la politica. 

Lo so che, come mi dicevi, qui non si tratta solo di mettere in discussione un’eggregora bimillenaria spacciata come verità religiosa e storica, ma di avere a cuore le nostre ataviche tradizioni anche di libero pensiero che, con il mio Centro Culturale Candide, porto avanti sulla scia di quei nomi che restano la linfa vitale della nostra Repubblica e della nostra Costituzione a fronte del degrado dell’attuale politica, della  comunicazione mediatica dei “professionisti dell’informazione” e del totale disimpegno civile, anche da parte di molti colleghi avvocati, che vedo intorno a me. 

Sono quei pochi, come te, civilmente ed eroicamente impegnati che mi danno il senso di continuare a vivere e a lottare in un modo ancora dilaniato da guerre, che mi ridanno il senso di appartenenza alla nostra gloriosa nazione, che restituiscono a Milano quell’eredità di pensiero del Beccaria, di Cattaneo e dei fratelli Verri, in un mondo che sembra andare in una sola direzione catastroficamente irreversibile. 

Forza Pierino, a mai più (non “addio”) su questa terra ma sempre con te, con affetto, nella memoria e nello spirito. 

Milano, 29 settembre 2024
          Avv. Giovanni Bonomo – Candide C.C.

In foto: Pierino Marazzani con, alla sua destra, Angelo Gaccione e Lorenza Franco 



In foto: Giovanni Bonomo e Pierino Marazzani














9/03/2024

Giovanni Bonomo sono io, vivente e avvocato, non il mafioso

 

Con sentenza 19. 8. 2024 notificatami ieri 2. 9.2024 il Tribunale di Milano Sez. I Civ. ha finalmente accolto le mie doglianze verso Google LLC e Google Ireland Limited, interveniente volontaria, per un’annosa questione di diffamazione subdola e aggravata commessa ai miei danni tramite la nota funzione “schede informative” sui nomi, che, indicati nella barra di ricerca, forniscono il risultato. 

Digitando il mio nome non compare più in prima battuta il profilo di Wikipedia dell’omonimo mafioso, che ora figura almeno con la data di morte (2010), ma compare il mio profilo di Google My Business. Per molti anni una mia foto, tratta dai miei siti personali, campeggiava sopra la biografia dell’omonimo mafioso siciliano, aggravando vieppiù la diffamazione e provocandomi danni morali, prima che economici, nemmeno quantificabili, anche se in atto di citazione erano esposti in soli 200.000 Euro, ben sapendo dell’impostazione restrittiva della giurisprudenza italiana, a differenza di quella statunitense, sul quantum risarcitorio in caso di diffamazione anche di questo genere. 

La causa contro Google è vinta, ma... 

La mia richiesta di risarcimento ammontava in totale, calcolando i danni patrimoniali, in Euro 1.565.681,26, ma la giudice Valentina Boroni non ha riconosciuto il nesso causale tra il calo di reddito dovuto alla diffamazione (che durava dall’anno 2011!) e quindi non raggiuta la prova del conseguente calo di reddito, e nemmeno ha riconosciuto, per mancanza di prove idonee, la diffamazione di più anni, ma solo quella limitata ai tre mesi prodromici all’azione legale, con le ultime diffide e contestazioni, avviata con i colleghi avvocati Dimitri e Mattia Barbera che mi hanno lodevolmente assistito in giudizio. 

Come scritto alle due ultime righe di p. 12 della sentenza “in seguito alla segnalazione dell’erronea associazione da parte dell’odierno attore, la fotografia dell’avvocato Bonomo è stata rimossa dopo tre mesi, nel mese di marzo 2021”. E inoltre  (inizio p. 13): “Si deve altresì evidenziare che, in seguito, la funzione ‘Schede informative’ ha nuovamente associato erroneamente l’immagine dell’attore alla biografia dell’omonimo mafioso, rendendo necessaria, nel mese di novembre 2021, una nuova segnalazione da parte dell’avv. Bonomo”. 

La vicenda ha dell’incredibile e del surreale e non mi interessa ora ricercare la regia occulta di chi voleva annientarmi, tramite Google e usando Wikipedia, sul piano professionale e personale, anche perché nella storia dell’uomo i liberi pensatori e ora i giornalisti indipendenti, come il sottoscritto (che non fa solo l’avvocato), vengono sempre perseguitati, e molti, più brillanti e meritevoli di me, ne hanno subite di più.  

Certamente i danni morali e le mortificazioni hanno lasciato il segno, forse anche nel mio carattere, che resta comunque sempre improntato alla bonomia e alla compassione oltre allo spirito di servizio verso i più deboli, anche in memoria dell’illustre e compianto genitore avv. Aldo Bonomo. E in qualità di giurista non posso che mettere in rilievo, come mio solito, i punti di diritto di tale pronuncia, la quale può considerarsi per certi versi pioneristica in tema di responsabilità del provider nell’attuale nuova era dominata dagli algoritmi e dalla Intelligenza Artificiale. 

Google non può nascondersi, per esonerarsi da responsabilità da diffamazione o altre nefandezze digitali, dietro un preteso ruolo di caching provider o dietro servizi automatizzati o algoritmi di A.I. ingovernabili; ha invero il dovere, pur essendo un intermediario di informazioni ricevute da terzi, di eliminare, con ogni mezzo, ogni dato errato soprattutto se lesivo della dignità, dell’onore e della reputazione di una persona, anche correggendo i propri algoritmi di ricerca. 

Alla pag. 12 della sentenza: “il soggetto fornitore del servizio ‘Google Search’ è tenuto a impostare le proprie attività di selezione dei contenuti in modo da individuare le informazioni più pertinenti, a fornire una tempestiva assistenza per l’eliminazione di elementi che possano risultare lesivi di diritti altrui e a correggere i propri algoritmi di ricerca in modo da evitare che si ripropongano erronei abbinamenti tra informazioni.” 

Appare invece criticabile la sentenza laddove, pur riconoscendo le gravi “ricadute negative sulla reputazione dell’attore (…) anche alla luce della collocazione del contenuto lesivo che compariva in una posizione di rilievo su Google ogni qualvolta di digitasse sul motore di ricerca il nome dell’attore” (pag. 13 in fine) continua con “tuttavia costituiscono elementi incidenti in senso riduttivo sulla portata del pregiudizio l’assente risonanza delle informazioni ricavabili dall’erronea associazione (non essendo stato fornito dall’attore alcun elemento in tal senso) e la breve durata dei periodi in cui è stata visibile l’associazione oggetto di causa (tre mesi per il primo abbinamento e pochi giorni per il secondo.” (!!!). 

In verità in atto di citazione erano indicati, oltre che più testimoni, anche i gravi indizi, precisi gravi e concordanti, pure a livello informatico, che riconducevano alla diffamazione continuativa e ininterrotta risalente all’anno 2011: la causa avrebbe dovuto quindi proseguire, più correttamente, in istruttoria. 

E  tale limitato lasso temporale è stato ritenuto inidoneo, dalla giudice, a “giustificare una perdita di clientela e il conseguente danno patrimoniale lamentato dall’attore” con la conseguente, anche per non riconosciuto nesso causale, insussistenza di alcun danno patrimoniale (p. 14), venendo liquidato il solo pregiudizio subito alla reputazione, ritenuto “di media entità” e quantificato in Euro 15.000 (!!!). 

Una sentenza quindi vittoriosa in linea di diritto e di principio, ma del tutto criticabile nel merito, avendo riconosciuto un risarcimento risibile. Del resto su come va la giustizia in Italia meglio non allinearsi al solito coro, mostrando rispetto ad una giudice che, in cuor suo, ha fatto del suo meglio. 

Milano, 3. 9.2024
         Avv. Giovanni Bonomo


Sentenza G. Bonomo v. Google

https://drive.google.com/file/d/1vaky_gAXTi-TtCJxoEevli9FqTtuZdGd/view  (scaricabile a questo link)