Quale altra soluzione se non il disarmo unilaterale, globale e incondizionato?
A
fronte delle immagini e dei report giornalistici radiotelevisivi che
quotidianamente ci aggiornano e sconcertano su questo tragico conflitto, su questa
tragedia umanitaria che affligge la popolazione ucraina e non solo, viene
spontanea la domanda se oggi, agli albori del terzo millennio della storia
dell’umanità, ci possiamo ancora non rendere conto delle lezioni del passato,
delle tragedie della storia che abbiamo giurato di mai più ripetere fino a
sciverlo a futura memoria nelle Carte costituzionali e nei trattati
internazionali.
Benché
tutti sappiamo che l’armonica convivenza tra gli uomini si regga sul principio
pacifista, dobbiamo constatare che tale principio, in politica internazionale, viene
più proclamato che attuato, anzi viene di fatto abiurato.
Ma
questo vale, purtroppo, anche per le proclamazioni scritte, che lasciano sempre
uno spiraglio belligerante che tradisce il principio. Anche l’art. 11 della
nostra Costituzione, ispirato al principio pacifista, reso evidente
dall’espressione «ripudia la guerra», non esclude in modo assoluto l’entrata dell’Italia
in guerra, sol che si legga l’art. 78. Ecco perché tale art. 11 lascia
impregiudicato, al di là della sacra difesa dello Stato, la partecipazione ad
una guerra altrui se ciò derivi dalle «limitazioni
di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia
tra le Nazioni».
Solo
una lettura conforme al diritto internazionale permette di chiarire che cosa si
intenda per «guerra difensiva», alla luce del fatto che il diritto
internazionale riconosce il diritto di legittima difesa individuale e collettiva,
e che la nostra Costituzione conferisce un rango gerarchico superiore alla
legge ordinaria (e quindi un limite all’esercizio del potere esecutivo e di
quello legislativo), tanto al diritto internazionale generale all’art. 10,
quanto ai trattati internazionali, richiamati dall’art. 117. Ci troviamo in una
situazione in cui la legalità costituzionale è strettamente correlata al
rispetto del diritto internazionale.
Viene
in gioco, in particolare, l’art. 51 della Carta delle nazioni Unite, che
prevede il « diritto naturale di
autotuela individuale e collettiva nel
caso che abbia luogo un attacco armato contro un Paese membro delle Nazioni
Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure
necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale».
Questo
è valido anche per le costituzioni degli altri Stai aderenti alla NATO. Si
spiega perché, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, tali Paesi aderenti,
tra cui l’Italia e l’Unione Europea, hanno stabilito di fornire armi alle forze
armate ucraine.
Con D.L
n. 14 del 25 febbraio scorso, il nostro Governo ha autorizzato l’invio all’Ucraina
di mezzi e materiali militari non letali di protezione, salvo poi, con altro
D.L. del 16 febbraio, due giorni dopo, omettere la precisazioni «non
letali » alla previsione di cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti
militari in favore delle autorià governative dell’Ucraina. Successivamente, il
1° marzo, la Camera e il Senato hanno approvato due risoluzioni gemelle che
impegnano il Governo ad assicurare l’invio di apparati e strumenti militari che
consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legitttima difesa e di
proteggere la sua popolazione. Non è dato sapere della tipologia di armi,
essendo la cessione di armi secretata dallo Stato maggiore della difesa, ma si ha
ragione di credere che si tratti di mortai, mitraglialtrici di vario tipo,
bazooka anticarro e altri armi letali, oltre alle razioni K, agli elmetti e ai
giubbotti.
Bisogna
purtroppo rilevare che i decreti govermativi sull’invio delle armi all’Ucraina non
fanno menzione alcuna al Trattato sul
commercio delle armi, che si applica, a dispetto del titolo, a qualsiasi
trasferimento di armi anche di natura non commerciale. Tale trattato prevede
anzitutto casi di assoluto divieto di esportazione qualora si venga a
conoscenza del fatto che le armi possano essere utilizzate per la commissione
di genocidi, crimini conotro l’umanità, gravi vilazioni delle convenzioni di
Ginevra e attacchi diretti a obiettivi e soggetti civili. Il Governo dovrebbe
quindi preliminarmente verificare se esista un «serio rischio» che le armi
destinate all’esportazione vengano usate per una serie di fini vietati, tra i
quali la commissione o facilitazione di gravi violazioni del diritto umanitario
e dei diritti umani. Questa mancata menzione degli obblighi internazionali in
materia di trasferimento di attrezzature militari rende ancora più drammatica
l’esposizione del nostro Paese nel conflitto tra USA e Russia giocato sul
terreno di guerra dell’Ucraina.
Il 9
febbraio 2018, durante la «Giornata
nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo»
presso l’Hotel Cavalieri a Milano, è stato detto a gran voce da tutti i
relatori che o l’umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti
distruggeranno l’umanità. Questo perché ormai il mix tra attuale tecnologia e aggressibità
dell’essere umano rappresenta una vera minaccia per tutti. La sede del convegno
era la stessa di quella storica conferenza sul tema del disarmo avvenuto il 14
febbraio 1978 con gli scittori Angelo Gaccione e i compianti Carlo Cassola e
David Maria Turoldo. Ma già erano anni che tale trio di intellettuali voleva
sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi di una guerra nucleare e la
conseguente scomparsa della vita umana sulla Terra.
Il diritto alla pace, assoluto e
incondizionato, dovrebbe essere quel «diritto naturale» a cui si ispira la
Carta dell’ONU all’art. 51, che però prevede, a tradimento del principio, l’autotutela
individuale e collettiva e la possibilità di guerra per rispondere ad un
attacco armato. Ecco perché bisogna diffondere il pensiero di Angelo Gaccione e
i suoi Scritti contro la guerra
raccolti nel libretto NO WAR appena pubblicato e quello degli altri pacifisti
autentici che vanno fino in fondo alla questione. Va da sè che in un’era
nuclerare come la nostra, a 5 anni dal Trattato
per la messa al bando delle armi nuclerari ratificato il 20 settembre 2017
da 53 Stati ma rimasto inattuato, ogni guerra è un pericolo grave per l’intera
umanità, perché non lascerà né vinti né sconfitti ma solo distruzione per
tutti.
Milano, 10.
5.2022
Avv. Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide
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