11/03/2018

Diritto all’oblio e diritto all’informazione. Ancora sul bilanciamento dei contrapposti interessi. I cinque criteri.


In un mio articolo sul diritto all’oblio sottolineavo il fatto che gli archivi giornalistici digitali devono essere sempre aggiornati. Fin qui nulla da dire, siamo tutti d’accordo. Ma il problema si pone nei casi concreti con il solito conflitto tra il diritto alla privatezza della propria vita singolare e familiare, e il diritto di libera espressione ed informazione di cui vantano le testate giornalistiche, le quali forniscono un servizio di rilevanza pubblica.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo garantisce entrambi i diritti, rispettivamente all’art. 8, per la privatezza, a l’’art. 10, per la libera informazione. E l’indirizzo recentemente intrapreso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sembrerebbe fa prevalere, in linea di principio e al di là dei singoli casi concreti, il diritto di informare e di essere informati.

Questo perché gli archivi digitali sono una fonte preziosa per l’insegnamento e la ricerca storica, essendo immediatamente accessibili al pubblico tramite Internet.

In presenza di una notizia di cronaca la Corte, a fronte della contestazione sulla lesività del
diritto di privatezza della stessa, valuta la situazione seguendo i seguenti cinque criteri:
- l’attualità della notizia;
- il contributo della notizia a favorire un dibattito di interesse generale;
- la notorietà dell’interessato nella notizia;
- il comportamento passato di tale individuo;
- la forma dell’esposizione e della divulgazione, considerando anche le modalità con cui sono state pubblicate le immagini di tale soggetto.

L’esame va condotto quindi nei casi concreti, ma la CEDU Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha sottolineato, in recenti sentenze con le quali vengono respinte le istanze di cancellazione o di rendere anonimi i propri dati personali negli archivi, che la compromissione del diritto di informazione tramite archivi digitali in favore del contrapposto diritto all’oblio debba essere giustificata da motivi particolarmente forti e convincenti.

In linea di principio nulla deve sparire dal Web, che è quel grande contenitore, patrimonio dell’umanità, di dati e informazioni che ci riguardano.

Avv. Giovanni Bonomo – Assistenza Legale Premium – Osservatorio Diritto 24    3.11.2018




10/29/2018

ARRICCHIMENTO O CONDIVISIONE?

Uno non esclude l’altro, anzi… possono essere perfettamente complementari. Ma quale arricchimento e quale condivisione oggi? Per rispondere teniamo “presente” queste mie riflessioni che nascono dal cuore, perché ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un DONO ed è per questo che si chiama PRESENTE.

Se tu hai sempre moltiplicato, cioè hai fatto di ogni incontro e di ogni uomo un’occasione per guadagnare, quando arrivi di fronte allo zero della morte, anche tu sarai ridotto a zero, perché, si sa, qualunque numero moltiplicato per zero dà zero.

Ma se tu hai sempre con-diviso, cioè hai fatto di ogni incontro e di ogni uomo un’occasione per crescere e per servire il bene – tuo e del prossimo – arrivando anche alla perdita sul piano immediato dell’avere, perché anche da qui parte la condivisione, quando arrivi di fronte allo zero della morte tu non sarai ridotto a zero ma sarai spinto all’infinito, perché, si sa, qualunque numero diviso zero dà infinito.

L’individuo è colui che non si divide, come dice il termine, ma può condividere. Ognuno di noi è unico come individuo ma può condividere le proprie uniche esperienze e il proprio unico sapere. Questa è l’essenza dell’ESSERE prima che dell’AVERE. Ed è questa condivisione che ci renderà veramente immortali proiettandoci nell’infinito.

Essere disponibile con gli altri, con il prossimo, per condividere il proprio e l’altrui SAPERE, per il bene di tutti. Questa è la filosofia e lo stile di Candìde.

Giovanni Bonomo – Centro Culturale Candide (Creatività, Condivisione, Conoscenza)




10/10/2018

Prima di parlare di accoglienza… guardiamoci dentro.

Il vero cancro anaffettivo dell’indifferenza si vive all’interno dei propri confini. Non di meno vanno difesi, perché la nostra storia, il nostro patrimonio artistico, le nostre conquiste di diritto e democrazia, ci consentono ancora di dire al mondo che siamo orgogliosi di essere italiani. 

Occupandomi anche di diritto di famiglia a volte mi capitano, nella difesa di assistiti in separazione personale, casi che sono vere tragedie a livello umano e sentimentale. Con un certo sgomento scrivo queste riflessioni mentre sento i telegiornali parlare dell’altra tragedia umana e nazionale dell’immigrazione di massa.

La prima tragedia, quella intima e familiare è il risultato di una società consumistica e idolatra del denaro che relega i sentimenti umani a un livello talmente basso che annulla ogni sentimento di vera amicizia ma addirittura anche ogni responsabilità verso il compagno o la compagna di vita rendendo facile la distruzione di una famiglia per nulla anche quando ci sono di mezzo figli minori.

La seconda tragedia, quella pubblica e statale, è il risultato di un malgoverno della cosa pubblica, quando non addidittura di un business, ma ripete, a livello di cittadinanza e dei membri della società civile, uno stesso sentimento di ignavia e mancanza di quella responsabilità verso la propria nazione che di chiama “amor patrio”.

 Credo che ciò che consente questo cancro anaffettivo dell’indifferenza di attecchire e propagarsi è la mancanza di istruzione e di una sana cultura e di amore per il sapere (l’analfabetismo di ritorno degli italiani che non leggono grazie ai ‘mezzi di distrazione di massa’, in primis la televisione, da me sempre denunciato), ad iniziare dallo studio dei classici e dei filosofi greci e presocratici, i quali ci insegnano le basi etiche della convivenza e del vivere civile (istanze etiche poi copiate dalla religione a suo uso e consumo in modo ipocrita, “beati gli umili”, solo per soggiogare e ingannare le masse in favore di chi è al potere).

L’anestetizzazione dell’amor familiare e dell’amor patrio, ma anche del sano altruismo per il prossimo, spesso entrambi compensati dal finto altruismo verso il remoto è ormai un punto nevralgico dell’attuale società, dove imperversa l’indifferenza che nasce dalla delusione e dal ripiegamento in se stessi, per la paura di dovere ulteriormente soffrire mettendosi in gioco e agendo responsabilmente verso l’altro, verso il prossimo.

Però, in quanto esseri umani, non possiamo rinunciare alla nostra componente emotiva che deve trovare un qualche modo per essere soddisfatta, anche con alibi di comodo. Da qui i meccanismi di compensazione ipocrita che si manifestano o come morboso attaccamento agli animali ("che, comunque, non ci deludono come gli uomini") o nei confronti di chi non rischia di coinvolgerci più di tanto emotivamente perché non lo conosciamo di persona, perché abita dall'altra parte del mondo (‘amore’ per il remoto).

Trattasi di reale cinismo che, per essere socialmente e "moralmente" giustificato e accettato, si camuffa da umanitarismo, da astratta difesa dei diritti dell'uomo e simili, senza minimamente preoccuparsi e prendersi cura, prima di ogni altro, del prossimo, magari a cominciare dal proprio familiare o compagno/a di vita.

Tra le fila di costoro militano schiere di persone che si riempiono la bocca di parole come "morale", "etica", "amore", "carità", "cristianesimo", "uguaglianza", “democrazia”: costoro sono pronti a puntare il dito o ad usare la spada di fuoco contro chiunque abbia il coraggio di denunciarne l'ipocrisia e l'incoerenza. L'esempio più plateale e ora di grande attualità sono i paladini dei diritti degli immigrati. Mentre sono del tutto indifferenti delle sorti degli italiani indigenti, si prodigano a dare continuità al precedente governo, pur in presenza di questo nuovo finalmente votato dai cittadini, inveendo contro chi ora ostacola il turpe traffico di esseri umani e delle correlate sciagure, accusando il neoministro agli Interni Salvini con vignette bestiali o articoli demenziali.

Il tutto, naturalmente, scagliandosi con inaudita violenza contro chi denuncia l’incoerenza dei loro proclami “umanitari”, perché in fondo, i connazionali e, soprattutto, i loro avversari ideologici, non rientrano nella categoria di soggetti a cui vanno garantiti i diritti fondamentali dell'uomo.

Ecco spiegato così in chiave psicoanalitica il grave probelma della politica dell’accoglienza assecondata dagli intellettuali di sinistra che invocano le istanze “umanitarie” ad ogni costo: per farsi dare retta il trucco è semplice, si tratta di usare l’alibi dell’amore per il remoto per nascondere il loro disimpegno civile, la mancanza di amor patrio e di amore per il prossimo.

Della loro aridità intellettuale e mancanza di senso civico ci siamo resi conto da tempo. Vorrei solo sottolineare e denunciare con questa nota la loro mancanza di senso di appartenenza. Noi che invece siamo orgogliosi della nostra nazione e di essere italiani vogliamo difendere, prima di tutto, i patri confini per non farci invadere, soprattutto se gli invasori ci portano indietro, con la loro religione e ideologia antiumanitaria, di mille anni.

Già Platone in La Repubblica, libro VIII si espresse sulla necessaria difesa dei diritti civili conquistati a fatica tramite la difesa dei patri confini. Non devono avere confini, invece, il libero pensiero e le idee, alla base di ogni progresso scientifico e civile, che devono pervadere il mondo.
  
Milano, 10 ottobre 2018                                        Avv. Giovanni Bonomo 







9/24/2018

Condizionamento religioso v. libero pensiero


I commenti che ho ricevuto da alcuni credenti in seguito alla pubblicazione del mio scritto sulla storia del Cristianesimo e sulla nascita del mito Gesù Cristo, seguito da una mia lettera aperta ai credenti, conferma una volta di più che la religione, per definizione, è integralista e assolutista, mentre il vero pensiero e la ricerca scientifica vivono nel dubbio, nella ricerca della verità, nel bisogno di provare, di criticare anche se stessi, e di continuare a cercare scavando nelle fonti storiche, per il progresso, la civiltà e il bene di tutti.  

Tralasciando i commenti sgrammaticati di persone ignoranti, quelli che risultano almeno leggibili mi confermano che anche le persone “colte”, o che almeno sanno scrivere, hanno avuto compromesso, a causa dell’insegnamento religioso, l’uso della ragione. Se questa è la loro difesa, che trascende nell’insulto, del loro “Dio”, se lo tengano nel loro foro interiore, hanno ciò che si meritano. Probabilmente anche l’inferno, per la loro cattiveria, si meriteranno, perché se un Dio giusto esistesse, li aspetterebbe al varco, non potendo gradire i loro insulti e le loro bestemmie (tra le quali è quella di identificarlo con l’iracondo e guerrafondaio dio biblico Yahweh).

Meno male che questi volgari fanatici, incapaci di ragionare, sono una minoranza tra gli stessi credenti. I non credenti (in nessuna ideologia, fascista o comunista che fosse) non hanno mai perseguitato i credenti. Sono stati questi a perseguitare i non credenti. Ma passiamo oltre e sorvoliamo ("non ti curar di loro…") i messaggi anonimi di vigliacchi e ignoranti, per fare ancora una riflessione positiva con dati storicamente verificabili, nella speranza di svegliare le coscienze di chi almeno una coscienza abbia.

Giordano Bruno, antesignano del pensiero laico alla base (in teoria) dei moderni Stati di diritto, era un “credente” nell’esistente e nello spirito divino che lo pervade, quindi non nel trascendente ma nell’impermanente e nell'immanente. E il pensiero panteista è già il sano pensiero ateo allo stadio embrionale. Amare tutto e tutti e raggiungere l’Uno, l’unità di cui tutti siamo partecipi, realizzando l’unione mistica con la divinità che tutto permea, è la meta finale, che si raggiunge con l’“eroico furore” bruniano.

Ma anch’egli già diceva che la religione era per il popolo, mentre la filosofia e la “dimostrazione” erano per i sapienti. Perché chi è incapace di ragionare e di avere un libero e puro pensiero, per ignoranza o per indole (ma all’ignoranza si può ovviare, mentre una cattiva indole può formarsi anche nell’infanzia, se non essere innata) può trovare solo nella religione, a mo’ di “morale” spicciola, una guida e un’argine al male operare.

In questa attuale era dell’informazione globale destinata a tutti grazie a Internet, Giordano Bruno sarebbe più ottimista e democratico, renderebbe accessibili i suoi scritti a tutti, come io sto facendo, modestamente, con il Centro Culturale Candide che sconta pure lunghe pause nell’organizzazione di eventi, ma non nella diffusione di scritti e riflessioni. E magari sarebbe anch’egli un networker digitale, per lo stesso spirito di servizio nell’aiutare gli altri in questa appena iniziata quarta rivoluzione industriale.

Con modestia ma fermezza il mio impegno civile nel diffondere il pensiero libero e critico continua. Richiamo questo mio scritto, nel blog “La mente sveglia”, sulla filosofia che anima il mio Candide C.C., sull’amore per il sapere che non dovrebbe a nessuno mancare.  

Avv. Giovanni Bonomo – Ultime-Notizie.net





9/20/2018

Lettera aperta ai credenti, perché in coscienza riflettano.

A coloro che credono in una religione o in qualsiasi altra superstizione o ideologia creazionistica, consiglio di riflettere su come è fatta la natura, fondata sulla "crudele" selezione naturale. Mangia tu ché poi ti mangio io. Riflettano, i credenti, su tutte le malattie infettive o di origine genetica causate dalla casualità che ha inciso sulla formazione dei primi organismi e che si sono trasferite su tutte le forme di vita nell'arco di centinaia di milioni di anni, o almeno da quando 600 milioni di anni fa esplose la vita nei mari. Coloro che credono e che rispondono indignati ai miei post (scritti per far riflettere e non per offendere), hanno mai fatto studi di biologia evoluzionistica per sapere se la vita sia veramente la conseguenza di un progetto divino? Hanno mai letto libri come quelli di Monod, Jacob, Lorenz, Weinberg, Ageno, Dawkins e altri genetisti e biologi per scoprire, sulla base di studi a cui tanti scienziati hanno dedicato una vita, che non esiste un progetto intelligente della natura? Sanno costoro che è ormai accreditata scientificamente la spiegazione di come tutte le forme di vita siano nate dalla casuale simbiosi di due batteri (che sono procariotidi e monocellulari, come le alghe azzurre) e di come tale casuale simbiosi abbia dato origine dopo tre miliardi di anni alla cellula eucariotica, senza la quale non vi sarebbero state tutte le altre forme di vita perché la Terra, altrimenti, sarebbe abitata ancora solo da batteri e da alghe azzurre? 

“Dio”, secondo i credenti, avrebbe impiegato 3 miliardi di anni per riuscire ad inventare la cellula eucariotica con tutte le sue imperfezioni? Altro che dire, come ha scritto il papa (costretto a fare il suo mestiere), che Dio è amore (enciclica Deus caritas est). Se un Dio esistesse, scrisse Schopenhauer (in “Pensieri e frammenti”), non vorrei essere io quel Dio: le miserie del mondo mi strazierebbero l'anima. Aggiungo io che questo Dio non meriterebbe alcuna venerazione per come ha fatto la natura. Mi vengono in mente le parole di Jago, che nell'Otello di Verdi canta l'aria "Credo in un Dio crudele". E tra tutti gli animali l'uomo è l'unico veramente crudele, perché capace di uccidere oltre la necessità della sopravvivenza, come, invece, fa il predatore. Si ricordino tutti i credenti accecati dalle panzane delle religioni e dalle madonne di Medjugorje et similia che molti scienziati hanno dedicato la vita alla cura delle malattie, e tra queste anche il cancro, che è sempre esistito da quando esiste la vita. Infatti esso, sebbene possa essere favorito anche da cause ambientali o dalla alimentazione, dipende essenzialmente dalla stessa struttura imperfetta della cellula, che impazzisce producendo cellule anomale che gli anticorpi non riescono più a controllare. Il cancro è dunque innato nella stessa struttura cromosomica. Vi sono individui che hanno un sistema immunitario abbastanza forte da essere capace di distruggere sul nascere le cellule cancerogene, altri individui invece no. Perché tutti abbiamo ogni giorno un certo numero di cellule cancerogene che gli anticorpi distruggono. Il cancro si manifesta quando il sistema immunitario è debole. Il cancro del collo dell'utero, per esempio, è causato dal papilloma virus, che rimane in incubazione se il sistema immunitario è forte. Altrimenti si manifesta la malattia. E chi ha creato il cancro? In particolare, chi ha creato il papilloma virus? Dio, per i credenti.  

Ma allora vi dico, ammesso che Dio esista, non vi accorgete, o credenti che siete solo dei disperati sul piano argomentativo e logico? E qui ve lo dimostro. Poniamoci di fronte ad un ipotetico Dio che fosse in grado di giudicare il bene ed il male. Ora, in che cosa consista il BENE nessun filosofo è mai riuscito a capirlo, a incominciare da Platone, che cercò sempre di darne una definizione, senza mai riuscirci; si può invece definire il MALE, come danno ad altri causato. Il male si vede, il bene no. Nessuno può essere chiamato in Tribunale per non aver fatto del bene: si viene invero chiamati per aver fatto del male. Il bene è soggettivo. Il male è oggettivo. Per un fanatico islamico è bene farsi esplodere provocando una strage: glielo comanda il Corano. A parte ciò, o credenti, ponetevi questa domanda: di fronte all'ipotetico Dio chi avrebbe più meriti? Colui che credendo nella sua esistenza fa del bene con la tacita ed inespressa convinzione di avere in questo modo dei meriti di fronte a Dio ai fini della salvezza della propria anima, oppure colui che, non credente, compia lo stesso bene o si limiti a non fare del male senza aspettarsi alcun premio da Dio in cui non crede?  

Iniziate a riflettere, credenti! Se un “Dio” esistesse premierebbe maggiormente il non credente che non faccia del male rispettando il comandamento di Confucio "non fare agli altri quel che non vorresti fosse a te". Gli ignoranti credono che questo sia un comandamento evangelico. NO. Gesù disse diversamente: "Fai agli altri quel che vorresti fosse fatto a te". Che è un comandamento morale, non giuridico, perché nessuna legge può comandare di fare del bene. In ogni caso l'ipotetico Dio, posto di fronte ad un credente che abbia fatto del bene e ad un non credente che non abbia mai fatto del male, sarebbe costretto a dire al credente: tu hai fatto del bene per opportunismo, pensando a mePertanto premierò maggiormente il non credente che non ha mai fatto del male perché si è astenuto da esso disinteressatamente, non egoisticamente per salvarsi l'anima.

Ne consegue, o credenti, che Dio, se esistesse, vi riterrebbe inferiori ai non credenti che non abbiano fatto del male. A che serve dunque credere in Dio se è meglio non crederci per essere da lui considerati moralmente superiori ai credenti? O credenti, liberate la mente! Avete tutto da guadagnarci. Oppure tenetevi Dio per conto vostro, coltivatevelo pure nella vostra vita privata, ma nella società non rompete più i coglioni ai non credenti che applicano la norma suprema della giustizia: il NEMINEM LAEDERE (non danneggiare alcuno). Perché proprio i non credenti saranno maggiormente premiati di fronte ad un Dio che non sarebbe certo quello antropomorfico delle religioni cosiddette rivelate. Il papa finge di non sapere questi argomenti. Sapete perché? Perché sa che altrimenti rimarrebbe disoccupato. Il papa finge di non sapere oppure non comprende veramente nemmeno i vangeli. Infatti Gesù ha comandato di fare del bene in privato ("Quando fate la carità non suonate la tromba per farvi vedere, e la vostra destra non sappia ciò che fa la sinistra"). In Matteo non viene condannato il divorzio, si ritiene solo moralmente superiore chi non divorzi. Né si parla nei vangeli di aborto. Ma ammesso e non concesso che il divorzio e l'aborto siano moralmente condannabili, la Chiesa non può chiedere che sia la politica a vietarli. Dal momento in cui non si divorziasse e non si abortisse per divieto di legge, chi non divorziasse e non abortisse non avrebbe alcun merito. Dunque, anche se può sembrare paradossale, il papa dovrebbe essere evangelicamente favorevole sia all'aborto che al divorzio per rendere meritevoli coloro che non divorziano e non abortiscono. 

Non si può, in conclusione, fondare una verità sulla fede. Per questo nessuna religione dovrebbe avere incidenza nella vita pubblica. Lo Stato deve ignorare tutte le religioni. La religione proibisce di ragionare, perché ragionando se ne scoprono subito le contraddizioni e l'assenza di credibilità. La Chiesa ha sempre ostacolato il libero pensiero, fortunatamente finendo con il perdere tutte le battaglie nell’ineluttabile progresso scientifico e di civiltà, ma sopravvive grazie al potere e alle ricchezze acquisite nei secoli.

Avv. Giovanni Bonomo - Candide C.C.





9/17/2018

Internet come sistema operativo sociale ad accesso universale

Internet sta diventando un sistema operativo sociale ad accesso universale e tendenzialmente wireless. Come tale richiede una regolamentazione che assicuri una qualità di servizio garantita a tutti e tramite le risorse frequenziali più efficienti. E la priorità non deve essere tanto la velocità o la “banda larga”, quanto la permanenza, la pervasività e la sicurezza.

Nella mia intervista su Diritto 24 ho accennato all’evoluzione di Internet e dei servizi diffusi, che già coinvolgono dispositivi, persone, processi e dati. “Internet of Everything” ho detto, parafrasando la più nota espressione di Internet of Things. È chiaro che tutto ciò richiede regole, perché se la Rete è nata come infrastruttura neutrale e anarchica, ora è diventata un’istituzione di mercato con accesso potenzialmente universale.  

Sotto il profilo economico Internet, per le sue caratteristiche di ubiquità, permanenza e assenza di costi, è diventata una piattaforma di scambi multilaterali, produttiva di esternalità informative sia positive, come i servizi a valore aggiunto e l’interoperabilità delle reti di comunicazione elettronica, sia negative, come quelle dell’affollamento di traffico e dei contenuti spazzatura.

In questa situazione di continuo aumento dei servizi offerti ogni ideologia di network neutrality sulla neutralità della Rete non paga: Internet sta diventando un sistema operativo sociale ad accesso universale. Come sono stati riconosciuti prima la radio e poi la televisione con i loro servizi di pubblico interesse, così anche Internet dovrà essere riconosciuta e regolamentata come medium istituzionale universale, di accesso tendenzialmente wireless, con una qualità di servizio garantita a tutti e tramite le risorse frequenziali più efficienti. E la priorità non deve essere tanto la velocità o la “banda larga”, quanto la permanenza, la pervasività e la sicurezza.

Nel futuro scenario del Web 4.0, in un mondo che evolve verso un’ineluttabile convergenza delle piattaforme e un’unità funzionale dei servizi, sarà necessario ripensare allo stesso concetto di media audiovisivi, e affrontare gli aspetti regolatori dell’integrazione tra TV digitale, Internet e reti radiomobili.

Ma già la nostra Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha stabilito un programma di studio e ricerca “Servizi e Contenuti per le reti di Nuova Generazione (SCREEN)” insieme a istituzioni universitarie ed enti pubblici di ricerca, al fine di approfondire i possibili scenari evolutivi della Rete e studiare forme di regolamentazione idonee ad assicurare il crescente sviluppo delle infrastrutture di comunicazione. I 7 obiettivi posti a base della regolamentazione nella Digital Agenda sono: 1. Mercato unico globale; 2. Interoperabilità e standard; 3. Fiducia e sicurezza; 4. Accesso veloce e ultraveloce; 5. Ricerca e innovazione; 6. Alfabetizzazione e inclusione digitale; 7. Servizi digitali pubblici.

Consideriamo poi che l’economia di Internet è caratterizzata dalla continua ricerca di modelli di business innovativi rispetto ai media tradizionali. Google, prima di Facebook, rappresenta senz’altro il più significativo esempio di successo nella ricerca di modelli di ricavi in un mondo che fa della gratuità dei servizi per l’utente finale una delle caratteristiche distintive. Se rende quindi utile, se non necessaria, per una compiuta regolamentazione, un’attenta analisi delle tendenze dei mercati individuando le principali caratteristiche e le implicazioni concorrenziali.

Avv. Giovanni Bonomo - Candide C.C.



9/15/2018

Profilo comico ma… vero (che mi fece anni fa un amico poeta)


Giovanni Bonomo, di professione avvocato, dotato fin dalla nascita di una fascinazione involontaria di cui è completamente ignaro, viene ormai da tutti considerato un genio, non solo del diritto ma anche del rovescio

       Avendo compreso in ritardo, come un po’ per tutte le materie scolastiche, l’essenza della vita e delle relazioni sociali, lascia il tennis da tavolo e decide di studiare la mondanità milanese, scoprendo l’aspetto sottile ed energetico che anima gli esseri umani al di là delle apparenti vacuità delle feste e delle occasioni di incontro: la sana voglia di nutrirsi e di ridere insieme. 

       Frequenta quindi in incognito, per non sacrificare troppo la propria connaturata timidezza, le feste senza senso della moda e dello spettacolo, riuscendo sempre, tra un buffet e l’altro, a non dare nell’occhio, e a sfuggire la presenza altrui con la cortesia di una ballerina in una serata di gala e l'aplomb di un agente speciale britannico.

       Impara quindi a muoversi agilmente in tutte le circostanze, anche tra persone pressoché totalmente sconosciute in una festa alla quale si viene invitati da chi, poi, alla festa non si trova, come avviene nella migliore tradizione della mondanità milanese.

      Brevetta infine la sua personale tecnica, che volge poi all’insegnamento: basta assumere l’alone misterico connesso ad un incedere deciso verso punti della sala che variano repentinamente, sembrando sempre sicuri della destinazione, e spiazzando in tal modo chi vi osserva, che non comprende i vostri mutevoli ma superiori obbiettivi.  

       Diventa quindi esperto di comunicazione non verbale.  Essendo ormai provato dagli ineluttabili imprevisti nonostante le sue doti extrasensoriali e precognitive è solito muoversi con la circospezione di una pedina che copre la posizione di un cavallo letale, come su una scacchiera immaginifica, densa di emozioni di ritorno.  

       Era destino che l’azzardo lo attraesse, prima o poi, ma diventerà tanto un ottimo giocatore di roulette quanto un pessimo pokerista: sa riconoscere l’imprevisto immediato ma rinuncia ai bassifondi delle anime altrui: gli appaiono sempre troppo popolosi e ridotti, immagini scolorite di una cultura da discount.

       Si circonda quindi di pochi e collaudati amici. Un'unica debolezza: le donne, ma non banalmente belle bensì longitipo ginniche.



5/07/2018

L’avvocato e le nuove tecnologie: come cambia la professione.


Come spiego nella videonota Professionalità… visibilei cambiamenti avvenuti e ancora in atto nell'avvocatura, sempre più inflazionata da nuovi entranti senza mestiere, comportano un rifacimento delle stesse regole dell'attività professionale: ora anche se si è bravi ed esperti, nel marasma dei nuovi iscritti agli albi il 'passaparola' non serve più: per farsi conoscere dai più occorre avere dimestichezza con il Web ed essere abili nell'uso dei social network.

L'avvocato deve farsi insomma contemporaneamente professionista e imprenditore: deve essere preparato, aggiornato, competente e nello stesso tempo capace di cogliere le opportunità per interagire al meglio con i suoi assistiti, promuovendo in modo adeguato e mirato la propria attività, proprio come un imprenditore. Il Web 3.0 e i nuovi canali aperti dalle nuove tecnologie e dalla nuove piattaforme nate con la valuta digitale (Blockchain, la quale più che una tecnologia è un paradigma, un modo di interpretare il grande tema della decentralizzazione e della partecipazione) sono le nuove autostrade dell'informazione, che non solo cambiano lo scenario della professione forense, ma preludono a un totale sconvolgimento, a una vera rivoluzione culturale del nostro pianeta.

Avv. Giovanni Bonomo - Responsabile Osservatorio Diritto d’Autore de Il Sole 24Ore





5/04/2018

FARE L'AVVOCATO O ESSERE AVVOCATO

Da più di vent’anni mi occupo di diritto dell’informazione e dell’informatica per importanti aziende tra le quali Mediaset SpA. La proprietà intellettuale e il diritto legato ai nuovi media sono da sempre stati un punto di riferimento nella mia carriera professionale. Ho subito compreso, fin dai primi passi professionali nel prestigioso studio paterno (www.aldobonomo.it), che il Web è l’agorà virtuale e la piazza multimediale dei nostri giorni, e che può essere anche, nella sue evoluzioni, la base operativa per l’avvocato si avvicina veramente ai cittadini e alle aziende comprendendone le istanze.

Il diritto dei nuovi media e le novità giuridiche legate alle nuove tecnologie coinvolgono il vasto mondo della proprietà intellettuale, che comprende anche il diritto d’autore: per tale materia mi propongo di essere un punto di riferimento fermo, grazie anche agli apprezzamenti dei miei assistiti e agli articoli pubblicati sulle riviste di diritto.

Come promotore culturale e quale fondatore del Centro Culturale Candide (nato per promuovere la consapevolezza che il progresso dell’umanità si basa sulla condivisione della conoscenza e sull’unione di più menti e intelligenze; da qui le tre C del sottotitolo “Creatività, Conoscenza, Condivisione”) continuo nella collaborazione con riviste sia giuridiche che letterarie e scientifiche, restando disponibile come moderatore in convegni, congressi e incontri culturali di varia natura. 

L’eredità professionale paterna e la cultura di entrambi i genitori, che molto scomode furono ma sempre preziose sono e saranno, mi porta infatti, nell’esercizio di questo nobile mestiere, ad andare oltre il diritto, perché un avvocato che eccelle è anche un intellettuale e prima di tutto un uomo di pensiero e cultura, che condivide valori umani e di solidarietà sociale.

Che cosa mi ha fatto appassionare alla professione? Lo spirito di servizio unito alla curiosità intellettuale, che non dovrebbero mai mancare all’avvocato. E credo che ciò segni anche il discrimine tra il fare l’avvocato ed essere avvocato.

Avv. Giovanni Bonomo