Il vero cancro anaffettivo dell’indifferenza
si vive all’interno dei propri confini. Non di meno vanno difesi, perché la nostra storia, il nostro patrimonio artistico, le nostre conquiste di diritto e democrazia, ci consentono ancora di dire al mondo che siamo orgogliosi di essere italiani.
Occupandomi
anche di diritto di famiglia a volte
mi capitano, nella difesa di assistiti in separazione personale, casi che
sono vere tragedie a livello umano e
sentimentale. Con un certo sgomento scrivo queste riflessioni mentre sento i
telegiornali parlare dell’altra tragedia umana e nazionale dell’immigrazione di
massa.
La prima
tragedia, quella intima e familiare è
il risultato di una società consumistica e idolatra del denaro che relega i
sentimenti umani a un livello talmente basso che annulla ogni sentimento di
vera amicizia ma addirittura anche ogni responsabilità verso il compagno o la
compagna di vita rendendo facile la distruzione
di una famiglia per nulla anche quando ci sono di mezzo figli minori.
La seconda
tragedia, quella pubblica e statale,
è il risultato di un malgoverno della cosa pubblica, quando non addidittura di un business, ma ripete, a livello di cittadinanza
e dei membri della società civile, uno stesso sentimento di ignavia e mancanza
di quella responsabilità verso la propria nazione che di chiama “amor patrio”.
Credo che ciò che consente questo cancro
anaffettivo dell’indifferenza di attecchire e propagarsi è la mancanza di istruzione e di una sana
cultura e di amore per il sapere (l’analfabetismo di ritorno degli italiani
che non leggono grazie ai ‘mezzi di distrazione di massa’, in primis la
televisione, da me sempre denunciato), ad iniziare dallo studio dei classici e
dei filosofi greci e presocratici, i quali ci insegnano le basi etiche della
convivenza e del vivere civile (istanze etiche poi copiate dalla religione
a suo uso e consumo in modo ipocrita, “beati gli umili”, solo per soggiogare e
ingannare le masse in favore di chi è al potere).
L’anestetizzazione
dell’amor familiare e dell’amor patrio, ma anche del sano altruismo per
il prossimo, spesso entrambi compensati dal finto altruismo verso il
remoto è ormai un punto nevralgico
dell’attuale società, dove imperversa l’indifferenza che nasce dalla delusione e dal ripiegamento in se stessi, per la paura di dovere ulteriormente soffrire mettendosi in
gioco e agendo responsabilmente verso l’altro, verso il prossimo.
Però, in quanto
esseri umani, non possiamo rinunciare alla nostra componente emotiva che
deve trovare un qualche modo per essere soddisfatta, anche con alibi di
comodo. Da qui i meccanismi di compensazione ipocrita che si manifestano o
come morboso attaccamento agli animali ("che, comunque, non ci deludono
come gli uomini") o nei confronti di chi non rischia di coinvolgerci più di tanto emotivamente
perché non lo conosciamo di persona, perché abita dall'altra parte del mondo
(‘amore’ per il remoto).
Trattasi di
reale cinismo che, per essere socialmente e
"moralmente" giustificato e accettato, si camuffa da umanitarismo,
da astratta difesa dei diritti dell'uomo e simili, senza minimamente
preoccuparsi e prendersi cura, prima di ogni altro, del prossimo, magari a
cominciare dal proprio familiare o compagno/a di vita.
Tra le fila di
costoro militano schiere di persone che si riempiono la bocca di parole come
"morale", "etica", "amore", "carità",
"cristianesimo", "uguaglianza", “democrazia”: costoro sono
pronti a puntare il dito o ad usare la spada di fuoco contro chiunque abbia il
coraggio di denunciarne l'ipocrisia e l'incoerenza. L'esempio più plateale e
ora di grande attualità sono i paladini dei diritti degli immigrati.
Mentre sono del tutto indifferenti delle sorti degli italiani indigenti, si
prodigano a dare continuità al precedente governo, pur in presenza di questo
nuovo finalmente votato dai cittadini, inveendo contro chi ora ostacola il
turpe traffico di esseri umani e delle correlate sciagure, accusando il
neoministro agli Interni Salvini con vignette bestiali o articoli demenziali.
Il tutto,
naturalmente, scagliandosi con inaudita violenza contro chi denuncia
l’incoerenza dei loro proclami “umanitari”, perché in fondo, i connazionali e,
soprattutto, i loro avversari ideologici, non rientrano nella categoria di
soggetti a cui vanno garantiti i diritti fondamentali dell'uomo.
Ecco spiegato così in
chiave psicoanalitica il grave probelma della politica dell’accoglienza assecondata dagli intellettuali di sinistra che invocano le istanze
“umanitarie” ad ogni costo: per farsi dare retta il trucco è semplice, si
tratta di usare l’alibi dell’amore per il remoto per nascondere il loro
disimpegno civile, la mancanza di amor patrio e di amore per
il prossimo.
Della loro aridità intellettuale e mancanza di senso
civico ci siamo resi conto da tempo. Vorrei solo sottolineare e denunciare con questa
nota la loro mancanza di senso di appartenenza. Noi che invece siamo orgogliosi della nostra nazione e di essere italiani vogliamo difendere, prima
di tutto, i patri confini per non farci invadere, soprattutto se gli invasori
ci portano indietro, con la loro religione e ideologia antiumanitaria, di mille
anni.
Già Platone in
La Repubblica, libro VIII si espresse sulla necessaria difesa dei diritti civili conquistati a fatica
tramite la difesa dei patri confini. Non
devono avere confini, invece, il libero pensiero e le idee, alla base di ogni
progresso scientifico e civile, che devono pervadere il mondo.
Milano, 10 ottobre 2018 Avv.
Giovanni Bonomo