Quanto
mai attuali sono ora le parole del Presidente del Consiglio
Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli pronunciate sul finire
dell’anno scorso circa lo scenario inquietante sul fronte dei diritti umani
rappresentato dal caso di Julian Assange, sulle modalità di detenzione,
sull’accanimento giudiziario per una condanna che non avrebbe mai dovuto
esserci.
Una
condanna che è già in atto prima di una sentenza, dato che il fondatore di Wikileaks
è attualmente ancora in arresto e in prigione a Londra per aver contribuito a
diffondere documenti riservati su crimini
di guerra commessi dalle forze statunitensi in Iraq e in Afghanistan, vale
a dire per aver rivelato notizie fondate
e documentate, quindi per aver esercitato il proprio diritto (e dovere) di
giornalista!
Il rischio dell’estradizione
Qualora
la segretaria agli Affari Interni britannica Priti Patel approvasse – con una
decisione attesa entro il 18 maggio p.v. – l’ordine di estradizione, già emanato dalla
Magistrates’ Court nei confronti di Julian Assange, vi sarebbe un allarmante
precedente per i giornalisti e i pubblicisti di tutto il mondo, per la libertà
di stampa e per l’opinione pubblica, per il #dirittodisapere che cosa fanno i governi di nascosto invece che
con provvedimenti pubblici, in spregio ai principi di democrazia occidentale che
essi dovrebbero propugnare.
Dopo
aver letto il disperato appello della consorte Stellas Morris durante
il Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia del 9 aprile di
quest’anno, tutti noi liberi cittadini, non solo avvocati e giornalisti,
dobbiamo unirci alle tante voci delle associazioni internazionali per la
libertà di stampa e per i diritti umani, ai tanti intellettuali, uomini di cultura,
personaggi dello spettacolo ed editori indipendenti che hanno sottoscritto il documento in difesa di Assange pubblicato
anche sul sito dell’International
Federetion of Journalists.
Un diritto fondamentale violato
Non dimentichiamo
il ruolo fondamentale del giornalismo di inchiesta e dei c.d. whistleblower nel disvelare scandali,
nel sollevare importanti dibattiti su temi di interesse pubblico, consentendo
ai cittadini di essere informati, di poter sapere, di esercitare un diritto che
è anche un fondamentale principio di garanzia democratica degli Stati di
diritto.
Riprendendo
le parole di Stella Morris pongo anch’io la stessa domanda: se i giornalisti
che ora riprendono e documentano ciò che sta accadendo in Ucraina, che hanno già
documentato quello che accadeva in Siria, subissero le stesse accuse, le stesse
persecuzioni e privazioni di libertà di documentare e informare, noi resteremmo
indifferenti? No! Allora dobbiamo prendere
a cuore il caso Assange, dimostrando di non avere paura, di non farci
intimorire, perché denunciare anche i crimini di Stato è un diritto e anche un
dovere, fondamentale garanzia di democrazia.
Pure il
sottoscritto fa ora parte, con questo mio appello e grido di protesta, dei
tanti giornalisti, associazioni, media e
testate indipendenti che sostengono Julian Assange e WikiLeaks, in difesa delle libertà di espressione nell’interesse di
tutti.