Da più di 20 anni studio, mi
informo, promuovo, con il mio Centro Culturale Candide, la cultura e l’etica
ambientale, dimostrando senso civico oltre l’impegno professionale di avvocato,
organizzando convegni e fondando il Comitato Nazionale Amianto Eppur
si muore, che insieme all’O.N.A. di Roma conduce battaglie senza sosta per
le vittime dell’Eternit e per fare rimuovere i residuati contenenti amianto
ancora sparsi per l'Italia. Se parliamo di inquinamento non dobbiamo mostrare
indifferenza, però, a ciò che viene diffuso dei media come
“informazione”, molte volte viziata e inquinata a partire dalle fonti. Con tale
retroterra di impegno civile pensate che qualcosa sfugga allo scrivente e che
non abbia senso critico anche a proposito dell’attuale pandemia?
Mi sono bastati pochi mesi, a "pandemia" iniziata, per rendermi conto della madornale disinformazione televisiva e giornalistica sul Covid 19 e sul virus Sars Cov 2, iniziando subito a scrivere articoli per svegliare la cittadinanza e le coscienze per una MEDICINA fondata sulle evidenze e un DIRITTO fondato sui princìpi.
Il grave problema dell’Italia, a dispetto del grande
patrimonio storico nell’arte e nella cultura, sono ancora i moltissimi che se
ne fregano, e ancor peggio coloro che anziché "guardare la luna" se
la prendono con "il dito" che la indica, pure ridendo di chi denuncia luoghi
comuni, le fake news di regime, le
stragi di Stato, i complotti veri, come se fossero fantasia di chi li descrive,
come se chi denuncia avesse egli stesso colpa delle false informazioni che sta denunciando.
L'ignavia e l’ignoranza si manifestano in vari modi, uno di questi è il disimpegno
civile.
Eppure abbiamo Internet, i cui effetti positivi sono emersi per
primi: la condivisione della conoscenza, la diffusione della cultura,
l’allargamento e il collegamento dei mercati, i vantaggi per i consumatori,
l’allargamento della partecipazione popolare alla vita sociale, politica della società civile.
Dopo sono arrivati anche gli effetti negativi: la diffusione della
cultura e della conoscenza ha comportato un attacco ai diritti di proprietà
industriale; l’informazione su prodotti e servizi ha portato con sé atti di
pubblicità occulta o menzognera; l’allargamento della partecipazione politica e
sociale alla società civile ha fatto anche da terreno fertile per gli attacchi
cibernetici e informatici.
Certo, meglio un sovraccarico di informazioni che una penuria
delle stesse, perché la libertà di editare e di esprimere il pensiero è una
conquista irrinunciabile. Eppure la libertà di diffondere il pensiero in Rete
ha portato al fenomeno negativo delle notizie false che girano e che vengono
definite “fake news”. Le quali fanno parte proprio di quell’informazione inquinata
della quale i più non si rendono conto.
E’ lecito ora, anzi doveroso, porci la domanda: in questo
proliferare di notizie conseguenza di un’era in cui il citizen journalism, i blogger,
gli influencer, i social spadroneggiano, dove nomi anche noti editano video con amenità varie, le capacità di discernimento e
lo spirito critico bastano a distinguere il vero dal falso?
Nel mese di maggio 2020 intervenni come relatore in un convegno in
Zoom, dal titolo “Pandemia e infodemia”,
insieme al prof. Ruben Razzante, il quale precisava che la “Task-force anti fake news” che era stato chiamato a presiedere non aveva
alcuna autorità di “Ministero della verità”, dovendo essere considerata
piuttosto come un comitato che aiuta la cittadinanza a non farsi ingannare
dalle false notizie in questo clima di “infodemia” che tutti noi
quotidianamente constatiamo.
Non è dubbio che l’isteria
collettiva generata da Covid-19 in Italia sia (stata) un fenomeno di
proporzioni spaventose e con effetti imprevedibili, ma è certo che le campagne
mediatiche di allarmismo serviranno a giustificare ancora la corsa all’acquisto
di milioni di dosi di vaccino, a pandemia conclusa, che farà la fortuna delle
multinazionali farmaceutiche.
Il
collega e consigliere comunale avv. Berni mi aveva infatti invitato ad essere
relatore in tale convegno perché aveva letto un mio articolo, ripreso dalla rivista
BresciaToday, dal titolo “Bufale e fake news: le 10 regole per riconoscerle”, in cui ricordavo il decalogo offertoci da Facebook.
Certamente, in questa situazione infodemica, sostenevo, queste regole dettate
dal buon senso non basta(va)no.
In
tale articolo sottolineavo di avere sottoscritto
e diffuso, invitando a fare altrettanto, l’appello del giornalista Massimo
Mazzucco in difesa dell’informazione libera e indipendente contro le fake
news dell’informazione non libera e dipendente dalle holding e
multinazionali farmaceutiche.
Le faccine sorridenti che poi ho
visto a commento dei miei post sulle origini della pandemia dimostrano la
presuntuosa ignoranza di chi si rifiuta di ascoltare e approfondire, di
chi parla di complottismo pure in assenza di complotto, se qualcosa si discosta
dalle notizie che sente guardando la televisione sua unica fonte di
informazione. E’ l’ignoranza del disimpegno – ora che l’origine
artificiale del virus bioingegnerizzato Sars-Cov-2 è ammesso dall’informazione su scala globale -, del rifiuto
di riflettere e ragionare il primo virus da combattere, non tanto
la “infodemia”.
Ci veniva il sospetto a che una task force
governativa che stabilisca che cosa è vero e che cosa è falso, nonostante
tutte le buone intenzioni del prof. Razzante, sia strumentale ad una sola
verità da imporre, magari per coprire una bolla sanitario-finanziaria di
proporzioni mondiali. E questo mentre fioccano le azioni di denuncia, tra le
quali anche quella dell’avv. Berni, e di class action contro i
provvedimenti e i decreti al punto da rendere il nostro Presidente del Consiglio
la persona più denunciata della storia d’Italia. In questo scenario,
ben venga anzi un sovraccarico di informazioni, da vagliare con senso critico –
ribadivo - piuttosto che una penuria di informazioni o, peggio, un’informazione
a senso unico che si impone e prevale per mancanza di senso critico di
una cittadinanza impaurita.
Abbiamo
sopportato e continuiamo a sopportare le misure restrittive della libertà
personale, peraltro di alquanto dubbia costituzionalità, che ci obbligano a
restare a casa, per ragioni di salute pubblica. Ora la paura del contagio,
prima ancora che delle sanzioni, potrebbe farci accettare ulteriori misure e
forme di profilazione invasive della privacy. Non è dubbio che la salute
pubblica sia più importante di qualsiasi privatezza e che lo stesso GDPR General Data Protection Regulation preveda
linee guida all’uso di informazioni per ragioni di salute pubblica.
L’importante è però che misure sancite e applicate in condizioni di pandemie
straordinarie non diventino poi normali una volta superata l’emergenza.
Se non ci rendiamo conto di questo pericolo, di questa
grave minaccia dei valori costituzionali,
significa che gli anticorpi che mancano non sono quelli contro il
Coronavirus, bensì quelli in difesa della libertà autentica di pensiero e di
informazione, unici strumenti cognitivi per essere uno stato laico, moderno
e aperto. E questo nonostante il lascito di illustri pensatori come Mazzini,
Cattaneo – bene ha fatto l’avv. Berni a rievocarne la memoria in un precedente
convegno - Gioberti. Ci renderemmo conto che si tratta di un problema
di salute immunitaria già compromessa più che di un problema virale: noi da
sempre conviviamo con i virus, siamo fatti di miriadi di virus e batteri. Ma siamo
stati bombardati con dati di mortalità, che sono presenti ogni anno e
pure maggiori per altre malattie, gonfiati per l’anno 2020 attribuendole a
Covid-19.
E tutto ciò per imporci un finto vaccino, perché
un vero vaccino non esiste, come è già successo per l’HIV, virus di per sé
innocuo in assenza di patologie. Abbiamo subito per questo, e continuiamo a
subire, una dittatura farmaceutico-sanitaria, figlia del neoliberismo, già
programmata per non affrontare il problema fondamentale, la difesa del sistema
immunitario con la prevenzione.
I miei svariati appelli di noi cittadini
di sana e forte Costituzione a non cedere a questo ricatto sono
serviti? Forse sì perché, insieme alle iniziative di pochi e coraggiosi
avvocati più agguerriti del sottoscritto, molti comprendevano che della
Costituzione dovremmo conoscere, oltre all’art. 21, l’art. 16 sulla libertà di
circolare, l’art. 32 sulla riserva di legge per i trattamenti sanitari, l’art.
78 sullo stato di guerra che consente al governo provvedimenti straordinari,
che non è lo “stato di emergenza”, e perfino l’art. 117 lett. q), sulla riserva
di legge statale in ordine alla profilassi internazionale.
Ora, al di là delle “sbalorditive coincidenze”
che si trovano nella storia di questo virus SARS-COV-2, e della relativa
infezione Covid-19, nei precedenti esperimenti in laboratori di bioingegneria,
come il laboratorio proprio di Wuhan, epicentro della epidemia, con coronavirus
ad effetti identici a quelli dell’attuale e artificialmente creati (mi
riferisco al servizio della
trasmissione “Leonardo” di RAI3 nel 2015), sta di fatto che questa
pandemia mondiale dichiarata tale dall’OMS in data 11 marzo 2020,
corrisponde in pieno a quanto pronosticato, se non progettato (come dicono i
c.d. complottisti), dal programma ID 2020 per “immunizzare” la popolazione
mondiale con la biometria digitale.
ID2020 Alliance (https://id2020.org) è
un programma di identità digitale pensato per ogni essere umano sul pianeta. Si
tratta di inserire microchip sottocutanei
allo scopo di contenere le informazioni personali del cittadino, trasmesse
anche da remoto in un archivio di consultazione al livello mondiale. E’ ovvio
che torna in auge tale progetto in questi giorni di tragedia mondiale, proprio
per la possibilità di accertare su larga scale l’avvenuta vaccinazione per il
Coronavirus, una volta che tale improbabile vaccino verrà diffuso.
Pare anzi che dietro il progetto vi sia proprio
la somministrazione di vaccini contro le pandemie e che tra i soci fondatori di
ID2020 vi siano nomi di enti e persone miliardari di fama mondiale, come i
Rockfeller, con la società GAVI, alleanza mondiale per le immunizzazioni, la
Big Pharma, Bill Gates, oltre a varie organizzazioni pubbliche e private,
sempre con il dichiarato scopo benefico per l’umanità di munire tutti di
“identità digitale”.
Se non saremo vaccinati saremo invisibili, non
identificabili, incapaci di accedere all’assistenza sanitaria, all’università,
al lavoro, non potremo votare, né aprire un conto corrente bancario. Ma questo
è un bene o un male? Lascio a voi giudicare.
Certo è che abbiamo la tecnologia necessaria per
fare il salto quantico dell’umanità grazie alla decentralizzazione e alla
condivisione, alla telematica e alla robotica, ma le vecchie logiche
neoliberiste del profitto, alimentate dai grandi gruppi di potere e dalla
ricchezza nelle mani di pochi, sembrano sempre sbarrarci la strada.
Sono tuttavia convinto che la nostra gloriosa
nazione, culla del Rinascimento, saprà fronteggiare anche questa grave
emergenza. Ricordiamo che senza l’Italia la stessa storia europea sarebbe stata
diversa. Sono italiani i primi artefici dell’identità europea nei suoi punti
essenziali (Giuseppe Mazzini, Altiero Spinelli); sono italiani i primi nel
mondo che rifiutarono la tortura e la pena di morte (Cesare Beccaria. Pietro
Verri); italiani sono coloro che si batterono per la libertà di pensiero e
prezzo della vita morendo sui roghi (Giordano Bruno, Giulio Cesare
Vanini).
Come italiani abbiamo la forza dei nostri avi,
per la nostra storia, per il nostro patrimonio culturale, che ci faranno
superare questa grande tragedia assumendoci senza paura tutte le responsabilità
che ci spettano.
Milano, 5. 3.2022
Avv.
Giovanni Bonomo