Mi
è stato chiesto più volte, da parte di afflitti e atterriti cittadini, amici e
conoscenti, sulla possibilità di agire, anche con una class action, e di sollevare la questione di illegittimità
costituzionale dell’obbligo di “Green Pass”. Questo a fronte del perdurare oltre
ogni previsione della situazione “emergenziale” per l’epidemia da Covid-19, con
sacrificio delle libertà fondamentali e rilevanti danni per l’economia.
1. Il passaporto
sanitario.
Abbiamo assistito, nell’arco di più di un
anno, ad una normativa in continuo cambiamento e anche per un giurista è
difficile tenere il conto di tutti i cambiamenti che si avvicendano di
settimana in settimana. In queste mie note faccio riferimento alla norma che ha
introdotto l’obbligatorietà di GB, quindi alla legge che molti contestano: il D.L. 6 agosto 2021, n. 111 “Misure urgenti per l’esercizio in
sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di
trasporti”, così come
recentemente “ritoccato” dal D.L. 10 settembre 2021, n. 122 “Misure urgenti per fronteggiare
l'emergenza da COVID-19 in ambito scolastico, della formazione superiore e
socio sanitario-assistenziale”.
Il
Presidente del Consiglio Mario Draghi, nell’ottica di adottare misure di
prevenzione della diffusione del virus pandemico e mutazioni successive, ha recentemente
introdotto l’istituto di Green Pass,
letteralmente passaporto verde: una sorta di lasciapassare per aree a rischio
(ambienti chiusi, mezzi di trasporto, palestre, piscine, bar, ristoranti, etc.)
che permette a chi ne sia in possesso di fruirne, impedendo, di contro, a chi
ne sia sprovvisto di accedervi. Si tratta in sostanza di un documento, cartaceo
o elettronico, riferito all’intestatario, che può essere letto tramite codice
univoco (QR Code) dai titolari ed esercenti tali attività, tramite il quale si
certificherebbe che il portatore risulti correttamente “vaccinato” o che, pur
avendo contratto la malattia, ne sia uscito guarito in un lasso di tempo
addietro relativamente breve (all’inizio era 9 mesi, dopo è diventato di 12
mesi).
In
alternativa al GP, per l’accesso a tali locali ed esercizi, a partire dal 3
settembre 2021, i cittadini possono esibire un test c.d. rapido antigenico
oppure molecolare o altresì un tampone salivare, eseguito nell’arco delle
precedenti 72 ore, che accerti l’assenza di agenti patogeni Covid nel suo
organismo.
Per
alcune specifiche professioni (personale sanitario e scolastico) vi è l’obbligo
di possedere il GP; si sta discutendo della possibilità di estendere tale
obbligo ad altre categorie professionali quali dipendenti pubblici, a chi
lavora nel settore dei trasporti, a chi svolge attività a diretto contatto con
pubblico.
2. Da passaporto a strumento di
controllo.
La questione principale è
l’obbligatorietà del GP – concepito in sede UE per assicurare la libertà di
circolazione tra gli Stati membri - che si traduce nell’impossibilità di sedersi a un
ristorante, andare ad un cinema o in palestra oltre che viaggiare, nemmeno se
per lavoro, in assenza di tale documento; va da sé la violazione di quelle
libertà e di quei diritti costituzionalmente garantiti da uno Stato di diritto.
Il
“vaccino” - come viene chiamata la terapia genica preventiva per persone sane o
vaccino di nuova generazione (a RNA messaggero) nell’attuale ‘campagna
vaccinale’ - non è, allo stato attuale, obbligatorio
(almeno formalmente, perché in sostanza lo diventa in virtù di un ricatto da
parte dello Stato).
Molti
si chiedono perché non si faccia una legge ad hoc come previsto dall’articolo
32 della Costituzione italiana: basterebbe cioè rendere obbligatoria per legge
la somministrazione del siero genico sperimentale.
Se
ci ragioniamo su appare subito chiaro il perché: con la tessera verde è nostra,
soltanto nostra, la responsabilità di tale sperimentazione, per la cui conferma
o meno di efficacia bisogna attendere – leggiamo nello stesso bugiardino – l’anno
2023.
Ebbene, se ci fosse l’obbligo per legge continuerebbero senz’altro a essere
esonerati da ogni responsabilità chi lo somministra e chi lo produce, ma non
chi lo rende obbligatorio.
Molti
pensano ancora che stiamo vivendo semplicemente una situazione emergenziale,
non capiscono che in realtà l’emergenza è la nuova normalità e che i "vaccini" che
stiamo sperimentando sono i nuovi laboratori di produzione per gli assetti
politici, sociali ed economici dell’avvenire.
3. Rapporti tra
nome costituzionali e norme comunitarie.
Sgomberiamo
subito il campo da un equivoco, che riguarda i rapporti tra nome costituzionali
e la normativa UE.
La
Carta costituzionale italiana è fonte primaria del nostro ordinamento e le sue norme
non sono superabili nemmeno dalle statuizioni di Bruxelles né da nessun’altra
fonte di diritto interno o esterno, perché nessun atto normativo può superare
un diritto a protezione di una libertà costituzionalmente garantita.
Vi è poi un nucleo di diritti, espressi
in principi cd. inviolabili, che prevale anche su altre norme costituzionali: il
diritto alla salute, il diritto alla libertà in tutte le sue declinazioni
(libertà personale, libertà di espressione, libertà di manifestazione del
proprio pensiero), il diritto di eguaglianza (sostanziale e formale), il diritto
al lavoro, il diritto alla famiglia. Nel concreto è la giurisprudenza della Corte Costituzionale che segna la prevalenza, nei casi concreti di contrasto tra gli
stessi, tra un diritto e un altro.
Tale giurisprudenza si è oggi assestata,
dopo vari contrasti, su un principio che segna un limite invalicabile (uno jus receptum come diciamo noi giuristi):
le norme europee,
quand’anche direttamente cogenti (come nel caso dei regolamenti licenziati dal
Consiglio e dal Parlamento europeo su iniziativa esclusiva della Commissione), non possono mai
prevalere sui principi inviolabili contenuti negli articoli da 1 a 12 e con i
diritti fondamentali sanciti e “riconosciuti” (dottrina del diritto naturale)
dagli articoli da 13 a 54 della Carta costituzionale. Quindi, l’Unione Europea non può imporre norme in
contrasto con quelle ritenute non negoziabili dai nostri Padri costituenti.
Peraltro, nel sempre attuale dibattito
sulla prevalenza o meno del diritto alla salute su altri diritti della persona,
non ci soccorre alcuna giurisprudenza, mancando ancora precisi e univoci
riferimenti.
I precedenti sviluppi nella scienza sanitaria
non sono di conforto a chi volesse invocare l’illegittimità costituzionale
dell’obbligo di Green Pass: il vaccino contro altre malattie (attualmente sono
12 i vaccini obbligatori in Italia da dopo l’introduzione dell’ultimo con il
Decreto Legge 7 giugno 2017, n. 73 “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale”,
modificato dalla Legge di conversione 31 luglio 2017, n. 119) è previsto come
obbligatorio per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per i minori
stranieri non accompagnati. e
la sanzione per il mancato adempimento di tale obbligo è l’impossibilità per i
bambini di essere ammessi alle scuole materne ed elementari oltre a sanzioni
amministrative dai 100 ai 500 Euro.
4.
Diritto alla salute dell’individuo e
della collettività.
In ogni caso, non vi è mai stata,
fino ad oggi, alcuna azione giudiziaria contro l’obbligo dei (veri) vaccini, poiché
è stato sempre ritenuto prevalente il diritto alla salute collettivo rispetto
al diritto alla salute individuale.
A parere di chi scrive è una
distinzione artificiosa, creata solo per creare conflitti: non c’è salute individuale
senza salute pubblica e viceversa. Tuttavia resta diffusa la motivazione sulla prevalenza
del diritto alla salute collettiva in quanto rivolto a tutelare l’intera
popolazione o una sua ampia fascia: l’interesse di un singolo, anche se
relativo a diritti costituzionalmente garantiti e posti allo stesso livello di
importanza del diritto alla salute, non può prevalere.
In effetti vi sono più previsioni,
nella mostra carta costituzionale, che precisano, dopo aver stabilito un
diritto individuale, i limiti dello stesso a beneficio della collettività: ai
sensi dell’art. 16 Cost., la libertà di movimento e di soggiorno del cittadino
può essere soggetta a restrizioni per “motivi di sanità o di sicurezza”;
secondo l’art. 17 il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi può essere
limitato dall’autorità “per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità
pubblica”; il diritto di professare liberamente la propria fede, giusta l’art.
19 della Costituzione, non può porsi in contrasto con il buon costume;
ai sensi dell’art. 41, c. 2 Cost, il libero esercizio di una attività economica
“non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare
danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Va però anche
detto che è proprio su questa dignità umana che si regge l’argomento principale
dei detrattori di tale vaccino sperimentale anti-Covid, in particolare per
quanto previsto dall’art. 32 secondo comma Cost.: dopo aver previsto che
nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge, si precisa subito dopo che “La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
5. Il rispetto della persona umana e i princìpi di
etica medica.
Risulta
difficile negare che l’inoculazione di un siero sperimentale, come è di fatto
il “vaccino” anti-Covid, in assenza di un vero consenso informato e pure in
presenza di un’esenzione da responsabilità sia dello Stato che dello stesso produttore,
non oltrepassi il limite di rispetto della persona.
Anche
perché non è previsto da alcuna norma, essendo contrario ad ogni principio di etica
medica, la somministrazione di farmaci sperimentali o “preventivi” a persone
sane. Vengono in infatti i principi di etica medica che furono dettati, sul
finire della seconda guerra mondiale, nei processi di Norimberga. Processi
che è sempre triste ricordare e che almeno ci hanno permesso di redigere il Codice
di Norimberga.
Credo che la Coste costituzionale,
con la nota sent. 308/1990 in cui viene precisato che “non è ammesso il sacrificio della salute individuale a vantaggio della
collettività” abbia tenuto conto proprio tali princìpi, considerando che la
salute pubblica è pur sempre dato dalla sommatoria dello stato di salute dei
singoli individui.
È evidente che fino a quando la “scienza”
medica - come tale accreditata dall’organo statuale competente, quali il
Ministero della Salute insieme all’AIFA Agenzia italiana del farmaco, a
dichiarare che una certa pratica o conoscenza sanitaria sia valida
scientificamente – ritenga una pratica medica o farmacologica come necessaria per
garantire la tutela della salute pubblica, allora tale pratica prevale su ogni
comportamento difforme anche se giustificato da altri diritti
costituzionalmente garantiti.
Di conseguenza, pur se si è contrari
all’impostazione delle due istituzioni menzionate – smentita dagli stessi dati
ISTAT sulla reale mortalità da Covid - , si deve prendere atto che l’attuale linea
del Governo si regge sulle statuizioni 1) di qualificare il Covid come minaccia
imperativa e urgente e 2) che la soluzione considerata necessaria per
l’eliminazione di tale “pericolo pubblico” sia la vaccinazione di massa.
Sta di fatto che anche il Governo attualmente
in carica ha valutato il Covid come “pericolo pubblico” sanitario, in
conseguenza del quale la stessa carta costituzionale ammette le limitazioni di
altri diritti.
6.
Verso una possibile svolta?
In conseguenza di tale punto di
partenza, basato su falsi presupposti senza alcuna evidenza scientifica (mi sia
consentito richiamare il mio scritto https://avvbonomo.blogspot.com/2021/07/per-una-medicina-fondata-sulle-evidenze.html?m=1),
risulta evidente che non serve scomodare
il giudice ordinario se questi si limitasse ad applicare una legge che gli offre
la comoda motivazione, per come è stata redatta, di sacrificare tutti i
diritti, anche se costituzionalmente garantiti, al preminente diritto alla
salute pubblica.
Un giudice che fosse tuttavia
disposto a sollevare la questione di legittimità costituzionale di tale legge, su
richiesta incidentale presente in pressoché tutti i ricorsi presentati avverso
l’attuale regime sanitario e ora contro il Green Pass, potrebbe veramente dare
il via ad una svolta, anche se di giudici coraggiosi se ne contano ormai pochi.
Perché, alla fine, l’ultima parola in
materia di legittimità delle leggi non spetta al Parlamento ma alla Corte
costituzionale. Quante volte la Consulta si è espressa a favore
dell’illegittimità costituzionale di norme promulgate dal Parlamento sulla base
di errate e discrezionali convinzioni politiche dei fautori delle leggi? Nel
nostro caso sulla base di pretestuose e infondate logiche emergenziali che finalmente
verrebbero allo scoperto.
In una possibile vertenza presso il
giudice ordinario originata dalla violazione dell’obbligo di Green Pass, bisogna
chiedere allo stesso di sollevare l’incidente di costituzionalità della norma di
legge violata. Questo implica che sarebbe necessario trovare un caso esemplare,
relativo alla violazione di tale obbligo, che susciti una grande eco mediatica.
E, di fatto, ce ne sono già tanti di casi, che però non si ha il coraggio di far
valere: si pensi ad una eccellente professoressa bloccata dal preside senza Green
Pass che non possa insegnare ai suoi amati ragazzi, o ad un collaboratore sanitario
senza GP, che venga espulso da un ospedale dal direttore sanitario.
Una volta ottenuto il mandato per la
tutela del caso esemplare e adito il giudice ordinario, sarà possibile aprire
la vertenza alle adesioni, per la possibile class
action, di tutti gli altri soggetti interessati per questioni identiche o
analoghe a intervenire nel processo (intervento ad adiuvandum).
Verrebbe
allo scoperto alla fine anche il problema di una campagna vaccinale del tutto
controproducente e anzi dannosa, perché messa in atto durante un’epidemia e non
in prevenzione di essa. E verrebbe reso noto finalmente alla cittadinanza e
all’opinione pubblica che i veri farmaci curativi del Covid esistono e sono a
disposizione di tutti.
7. Vaccinazioni
in costanza di epidemia e mutazioni del virus.
Oggi risulta di sorprendente
attualità la sentenza della Corte costituzionale n.5/2018 sull’obbligo
vaccinale. Con tale
pronuncia, la Corte dichiarò come in parte inammissibile in parte infondata la
questione di legittimità costituzionale del D.L. n.73/2017 (Disposizioni
urgenti in materia di prevenzione vaccinale), il cd. Decreto
Lorenzin, convertito (con modificazioni) con la legge n.119/2017. Partendo
da un contesto notevolmente diverso da quello attuale la Consulta ha stabilito
i principi in base ai quali, in alcuni casi può prevalere l’interesse della
salute pubblica sull’autodeterminazione dei singoli, precisando anche che “la copertura
vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera
indipendentemente da una crisi epidemica in atto”.
Aspetto
quest’ultimo del tutto in contrasto con l’attuale scienza medica e con
l’opinione di virologi e scienziati indipendenti per quanto riguarda l’epidemia
da Covid-19.
Invero i coronavirus, come SARS-CoV-2 responsabile della malattia Covid-19, sono
una famiglia di virus particolarmente
predisposti alle mutazioni e fin dall’inizio della pandemia sono state
osservate mutazioni del virus in tutto il mondo. Si tratta di un fenomeno
naturale e non inatteso. Talvolta, provocato proprio dall’errore strategico di
affidarsi a “vaccini” sperimentali su persone sane anziché a veri farmaci per
curare persone malate.
Queste mutazioni indotte dai vaccini
in corso di epidemia possono influire anche sulle caratteristiche del virus, conferendogli una maggior possibilità di
trasmissione, una maggior aggressività, una maggior capacità nel suscitare
forme severe di malattia o di superare l’immunità acquisita da un individuo
grazie alla pregressa contrazione dell’infezione.
9.
Fare chiarezza e ripristinare lo Stato di diritto.
A proposito degli “effetti
collaterali” dei vaccini sperimentali a RNA messaggero, stanno venendo alla
luce dati e studi scientifici certi – oltre alle numerose notizie di decessi
che non si riesce più a tenere nascoste - che dimostrano che la “vaccinazione”
anti Covid è non solo inefficace ma anche nociva. I veri famaci curativi ci sono e devono poter
essere a disposizione di tutti.
Il momento è finalmente propizio per il
buon esito dei tanti ricorsi ed iniziative giudiziarie proposte contro il Governo
e l’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, sul presupposto che ci sia
ancora una magistratura indipendente che sappia valutare i fatti e applicare il
diritto anche quando questo non si esprima nelle attuali leggi.
Milano, 25. 9.2021
Avv. Giovanni Bonomo – A.L. Chief Innovation Officer -
Diritto 24