2/14/2019

Il perdono, al di là di ogni offesa, apre orizzonti di indicibile accoglienza e serenità


Penso che il perdono non può non essere, anche se apparentemente irraggiungibile, nell’orizzonte di vita di ciascuno di noi.

Senza addentrarmi nel tortuoso cammino delle diverse fedi religiose e delle diverse culture penso che il perdono abbia una fondazione etica e umana che viene prima di qualsiasi religione e di ogni “fede”: può essere considerato un dovere etico verso se stessi, per la propria salute fisica e mentale, prima ancora che un’opportunità (c’è anche una logica-etica utilitaristica, ma non per questa meno difficile da seguire) per vivere e con-vivere bene.

Però ci assale subito la domanda: come può essere possibile perdonare ferite, passate e quotidiane, che aggrediscono così crudelmente la nostra dignità? Eppure sono ferite che dovremmo saper rimuovere dalla memoria, liberandoci dalle ossessioni del male ricevuto, eliminandole, annullandole. Quante volte invece ci logorano e, tenaci e ostinate come un’edera che si arrampica sui muri, oscurano e avvelenano le relazioni interpersonali? Quante volte ci imprigionano in una disperata solitudine divorata dal risentimento?

Penso che l’unica soluzione possibile, anche in una visuale puramente utilitaristica (cioè anche se non ci fosse in noi un’etica profonda) sia di liberarci da questa cascata ghiacciata di risentimenti che altro non fanno se non alimentare il male subito e che continuano a oscurare le nostre giornate. Quanto volte mi sono imposto di essere gentile e tollerante con tutti perché ciascuno ha un proprio dramma personale alle spalle da risolvere… e poi tradire tale saggia considerazione umana con comportamenti irascibili se non offensivi per fortuna solo a parole… in questi momenti di rabbia riaffiorano i nostri rancori, rispetto ai quali il prossimo attuale, anche se ci ha offeso, è del tutto estraneo.

Sono domande che tutti dovremmo porci perché ciò che sembra impossibile lo hanno realizzato invece uomini e donne che hanno testimoniato indicibili e incredibili capacità di perdono e di fronte ai quali non possiamo che pentirci e vergognarci di certi nostri risentimenti. Tra i quali risalta, e la vorrei ricordare per questo, una giovane donna ebrea, Etty Hillesum, nelle parole tratte dal suo diario scritto nel campo di concentramento olandese di Wetserbork, dal quale non ancora trentenne veniva mandata a morire – siamo nel 1943 – ad Auschwitz con i suoi genitori e i due fratelli. Sono parole di una donna chiamata a parlare di perdono in condizioni di estrema sofferenza e nella consapevolezza di essere condannata alla morte insieme alla sua famiglia. Chi allora meglio di lei può insegnarci qualcosa sul tema?

Cito la frase che più mi ha più colpito c e che considero la più densa di significato etico sul tema del perdono (nel dialogo con uno scrittore amico, Klaas Smelik, con lei nel campo di concentramento): “ … è proprio l’unica possibilità che abbiamo Klaas, non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. (…). E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale”.

Si fa fatica solo a pensare che tali parole siano state scritte in un luogo di atroce umiliazione, sofferenza e dolore, e nell’imminenza della morte…! E ancora: “La mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l’ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi. E perciò sono molto più familiari e assai meno terrificanti”.

Se penso a costei e ai tanti sventurati veramente sofferenti, non posso che dire a me stesso: “Chi sono io per lamentarmi della mia vita?!
Se questa domanda sia l’anticamera del perdono non saprei dire, non mi sento umanamente così virtuoso.

So per certo, però, che è una domanda che in tanti dovremmo porci. E il mondo sarebbe già migliore.

Milano, 4 febbraio 2018                                                  Giovanni Bonomo – Candide C.C.




2/09/2019

Il valore legale della Blockchain e degli smart contract


Il “decreto semplificazioni” 2019 conferisce valore legale per la blockchain e agli smart contract. La conferma ufficiale dell’inizio di una nuova era.

Vi ho parlato a più riprese della Blockchain, che nasce con il Bitcoin, e delle sue applicazioni non monetarie [1]

La tecnologia dei registri distribuiti DLT Distributed Ledger Technology, di cui la Blockchain è espressione, varca i confini delle criptovalute e apre la strada a infinite applicazioni. Si tratta di semplificare ogni attività della nostra vita che richieda una certificazione di dati.  

Torno a parlarne oggi perché, a fine gennaio di quest’anno si è dato valore legale alla Blockchain e agli smart contract, con un emendamento, approvato dal Senato, al disegno di legge sulle semplificazioni del pacchetto Stabilità 2019.

La norma inserisce, perla prima volta, nel nostro ordinamento le “tecnologie basate su registri distribuiti come la Blockchain” e una definizione di “smart contract”.

Ecco il testo della nuova norma:
Art. 2
(Definizione di tecnologie basate su registri distribuiti)

1. Si definiscono “Tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.

2. Alle informazioni e ai dati certificati attraverso tecnologie basate su registri distribuiti secondo il principio di neutralità tecnologica è attribuita la stessa validità giuridica attribuita a informazioni e dati certificati attraverso l’uso di altre tecnologie.

A parte le ripetizioni la non brillante struttura sintattica la norma è chiara nello stabilire un primo e importante riconoscimento di tale nuova tecnologia digitale.

La possibilità di dare un valore giuridico ad una transazione che sfrutti un registro informatico distribuito, senza passare da notai o entri certificatori centrali, trova così pieno riconoscimento legale, così come anche la possibilità di eseguire in automatico un contratto che abbia lo stesso valore giuridico di un contratto tradizionale scritto e firmato.

Già un passo avanti è stata, in data 27 settembre 2018, l’adesione, con la firma del Ministro per lo Sviluppo economico e del lavoro, alla European Blockchain Partenrship intesa a favorire la collaborazione tra gli Stati membri per lo scambio di esperienze, sia sul piano tecnico sia su quello della regolamentazione. Non potevamo come nazione infatti restarne fuori.

L’Italia è stata uno dei primi Stati al mondo a disciplinare la firma digitale nel 1997 e siamo i precursori in Europa del sistema pubblico di identità digitale SPID. E non dimentichiamo che la tecnologia della Blockchain è già in atto nei servizi di logistica, per la tutela dei dati personali, dei servizi sanitari, della proprietà intellettuale e per la sicurezza dei registri del catasto e dell’anagrafe.

Pensiamo ora alla maggior comodità di conferire data certa ad un’opera protetta dal diritto d’autore registrandola sulla Blockchain, e all’utilità della certificazione di ogni passaggio di un prodotto della filiera agro-alimentare per proteggere il made in Italy. Per questo dicevo che la tecnologica LTD potrà anche operare a breve contro la contraffazione di prodotti tecnologici, beni di lusso e ogni altra merce.

Questo perché proprio la Blockchain e la TLD consentirà un rafforzamento dei controlli potenziandoli tramite la marcatura temporale dei prodotti, monitorando in modo sicuro ogni cambiamento di stato che ogni tipo di merce potrebbe subire.

La tecnologia blockchain o comunque tutte le tecnologie DLT sembrano essere le sole in grado di assicurare provenienza, integrità, sicurezza e immodificabilità a dati, informazioni e documenti informatici [2].

Di questo passo l’ulteriore avanzamento a cui brindare sarà l’approvazione di regole tecniche valide e uniformi a livello europeo che stabiliscano, seguendo precisi standard, quali documenti una tecnologia basata su DLT possa effettivamente certificare e garantire.

Avv. Giovanni Bonomo - Ultime-Notizie.net






[2] Ai sensi dell’art. 20 1-bis del D. Lgs. 7. 3.2005 n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale” il “documento informatico” soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 cod. civ. quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID Agenzia per L’Italia Digitale ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore.